domenica 10 gennaio 2010

Joe Petrosino. Gli immigrati italiani negli Usa e gli immigrati in Italia linciati, stessa storia, stesso destino, stessa umanità.

Da qualche giorno ho prenotato il seguito de I Beati Paoli, ovvero Coriolano della Foloresta, mi sto davvero intrigando con questi “incappucciati”, non è che li ami molto, piuttosto potrei dire che mi incuriosiscono perchè rappresentano un’espressione “della cultura” dei palermitani e di una serie di disvalori tipicamente siciliani, come ad esempio l’omertà, che si sono radicati anche a causa di una serie di condizioni storiche e sociali. Oltre tutto mi piace molto scoprire la Palermo sotterranea, una sorta di città segreta, di vicoli misteriosi, sopra i quali ogni giorno senza saperlo, camminiamo.

foto Jan-Luc Moreau

Nell’attesa ho letto la biografia di Joe Petrosino, sempre per rimanere in tema di sicilianità. Ho spesso visto la targa dedicata a Piazza Marina a questo poliziotto italo-americano, che trovò la morte proprio in quella piazza nel lontano 1909, ma sapevo pochissimo della sua storia, se non che fosse stato ucciso da un connubio tra Mafia siciliana e mafia siculo-americana, contro le quali stava indagando e lottando.

foto Jan-Luc Moreau

Ora però non voglio parlare di questo personaggio e della sua vicenda, ma di un aspetto trovato in questo libro, che proprio in questi giorni mi sembra tornare molto presente.

Si descrive infatti la situazione di New York, all’inizio del 1900, dove gli italiani immigrati erano circa mezzo milione, un quarto della popolazione della città, insomma davvero tanti. Erano ovviamente i più poveri e disperati ad emigrare, insomma la maggior parte di loro non erano certo i “cervelli in fuga” di cui si parla oggi, ma persone in cerca di fortuna e di un futuro migliore, ed in ogni nostra famiglia ognuno avrà un così detto “zio d’America” di cui forse si sono perse le notizie e da cui magari si spera di ottenere un giorno una cospicua ed imprevista eredità. Qui a Palermo, si usava dire che questi lontani parenti si fossero arricchiti, “possibilmente aprendo una pizzeria a broccolino (Brooklyn)” e che mandassero nella terra natia i “scutuluna” (soldi), ma nella maggior parte dei casi queste erano solo leggende, perchè spesso la vita per loro era molto dura, altro che l’eredità dello zio d’america...

Insomma gli immigrati italiani erano richiesti solo perchè considerati “braccia a buon mercato” per le nuove industrie statunitensi, ma non erano molto amati ed apprezzati. Vivevano in ghetti, in palazzi abbandonati di legno, in più famiglie in una sola casa, parlavano male o per niente la lingua inglese, erano emarginati ed era così facile che fossero arruolati o sfruttati dalla delinquenza, e i proprietari delle case in cui vivevano si arricchivano a loro discapito. Erano considerati un po’ fanatici perchè nei loro quartieri ogni giorno c’era una processione diversa o la festa di un santo patrono e tante strane ritualità (immagino le abbanniate tipicamente sicule che effetto dovevano fare nei cittadini del luogo), ma per consolarsi spesso ci si rifugia nella religione e nelle proprie tradizioni.

Foto Judy Witts

Abituati un po’ male già in Italia, i loro quartieri erano pieni di cumuli di immondizia giganti (peggio di quelli di Napoli o Palermo di oggi), sporcizia che le donne di casa gettavano dal balcone, questa particolare abitudine, mi raccontano i miei nonni, era presente anche a Palermo ai loro tempi, dove ad esempio “u cumuni” o “u cantaru” (una sorta di water) si svuotava direttamente dalla finestra, una bella doccia per i passanti e un buon profumo per i buongustai...

Insomma ben presto questi nostri avi italiani furono considerati brutti, scuri, di razza incerta, rissosi, sporchi e delinquenti, insomma dei nemici da temere e da scacciare, la frase tipica usata per loro doveva essere :“tornino al loro paese” e ad esempio a New Orleans questi immigrati italiani dovettero subire una serie di linciaggi da parte dei cittadini del luogo, una vera caccia all’immigrato italiano, dove molti nostri connazionali persero la vita, e “nel mucchio”, non furono colpiti solo i delinquenti (e ce n’erano perchè i nostri compaesani importarono negli USA la criminalità organizzata), ma molte brave persone che avevano come unica colpa quella di essere italiani, immigrati, poveri e sfruttati.

La storia è come un ciclo che si ripete sempre, adesso i luoghi sono cambiati e i ruoli si sono ribaltati, ora qui vengono linciati gli immigrati, si è dimenticato come è brutto essere poveri e disperati, cercare un futuro migliore in un mondo lontano, lasciare i propri cari e trovare altra povertà, ghetti, emarginazione, sfruttamento, disprezzo, incomprensione. Certo chi emigra magari provoca sconvolgimento nel luogo di approdo, perchè ha abitudini e religioni diverse, perchè si tratta di persone in difficoltà economiche e quindi esposte a tutto, ma è pure vero che bisogna fare i conti e anche farsi carico di un mondo che per gran parte e senza colpe è povero, sfruttato e colpito da guerre, questo vuol dire essere umani, nel passato come nel presente. Il mondo è di tutti gli esseri umani, si deve trovare il modo per saper convivere, perchè chissà un giorno anche noi o i nostri figli potremmo trovarci di nuovo nella situazione opposta, e perchè c’è sempre qualcuno che sta più a sud e qualcuno che sta più a nord, qualcuno che ci considererà migliori o peggiori, qualcuno più forte e qualcuno più debole.

Palermo, 1 Maggio 2005

E se alcuni italiani, e spesso siciliani, in America di tanti anni fa erano grandi delinquenti, c’erano tante persone per bene che hanno aiutato quel paese ad emergere, e c’erano anche i Joe Petrosino pronti a morire per la giustizia e la libertà.

Secondo me, non ce ne accorgiamo, ma tra noi abbiamo tanta gente proveniente da diversi luoghi, che sono persone per bene che oggi alzano la testa contro i delinquenti e sfruttatori, qualche eroe, tanta gente normale, e si, anche dei delinquenti, ma quelli non mancano mai, non hanno distinzione etnica, di colore o cittadinanza, fanno solo parte del brutto che purtroppo c’è nell’umanità.

4 commenti:

Mirtilla ha detto...

quante belle curiosita'che ci raccontate ;)
e'sempre un piacere leggervi ;)

Stefania Oliveri ha detto...

Cara Evelin, ho letto i Beati Paoli e Coriolano della Floresta quando andavo alle medie e ancora me li ricordo. La mia migliore amica aveva mitizzato quelle figure, io invece, ne vedevo il lato oscuro. Tant'è le nostre vite si sono inevitabilmente separate, proprio per questa visione diametralmente opposto della vita! A parte questo, anche noi a scuola, soprattutto al V anno parliamo di questa storia e di Joe Petrosino in particolar modo e il taglio che diamo è proprio il tuo! Che bella l'unità di intenti che ci lega e mi fa piacere che tu attraverso il tuo blog fai scoprire non solo pezzi di sicilianità, difficili da conoscere anche spesso per i siciliani stessi, ma che riesci a diffondere un'idea che tutti noi, sembra, abbiamo ormai dimenticato!
Ti apprezzo
Stefania

Leonardo ha detto...

Cara Evelin , da noi oggi la situazione è peggiore perchè gli italiani di allora emigrarono per cercare lavoro, MA NON SCAPPAVANO PER LA GUERRA CIVILE,LO SFRUTTAMENTO E LE PERSECUZIONI!
Qui, oggi, questa povera gente approda per tutti i motivi che ho elencato sopra, con la differenza che vengono ricacciati nei loro paesi d'origine, respinti al mittente!
Scusami se mi sono lasciato prendere la mano, ma mi sembra che la parola "integrazione" resti tale...

Un caro saluto.

Anonimo ha detto...

già, corsi e ricorsi, è questa la storia ed una volta si è di qua l'altra di là della barricata... la sofferenza della gente è sempre la stessa, quella di oggi è più grave perché, come dice sirio, non scappano solo dalla fame e affrontano traversate ben peggiori (eppure anche quelle degli italiani erano terribili) nella speranza di trovare un angolo in cui vivere.
A presto

GM C

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