Visto che si avvicina la festa della donna, parlerò della donna a Palermo.
Alcuni, pensando alla Sicilia, immaginano che ancora la donna sicula porti il fazzoletto in testa e l’abito scuro. Questo se non avviene in grandi città come Palermo o Catania, non avviene nemmeno nei paesi più piccoli (se non qualche anziana che mantiene le abitudini di qualche decennio fa). Le ragazze nell’abbigliamento e nei modi di fare sono molto “moderne”.
La ragazza tipica palermitana dei giorni d’oggi, porta quasi sempre la frangetta sugli occhi, le mollettine con cuoricini sui capelli, gli occhiali da sole alla moda, i giubbini corti (bianchi o neri), gli stivali ai piedi e i pantaloni a vita bassa con i fianchi e la pancetta molle in bella vista. Ci sono tantissime adolescenti (perchè qui il calo demografico non esiste) in giro soprattutto il sabato pomeriggio al politeama, che si tengono a braccetto tra loro.
Ma anche le signore di mezza età non rinunciano all’estetica e alla moda, a parte quelle che dagli anni ’80, non hanno più abbandonato i fuseaux, ma si sa, la moda va e viene...
Insomma niente più fazzoletto in testa. Le donne palermitane lavorano dentro e fuori casa, escono e guidano la macchina (magari vengono insultate con frasi del tipo “va lava i piatti”, da uomini che si vogliono illudere che sia il gentil sesso a creare il traffico palermitano).
L’apparenza emancipata (insulti a parte), nasconde bene una mentalità che ancora è essenzialmente patriarcale. Infatti questi costumi così “moderni” sono comunque il frutto di una concessione che viene fatta alle donne dai loro uomini, padri o mariti che siano. D’altra parte anche i maschi palermitani doc, che fino a qualche anno fa vietavano alle mogli di truccarsi e addirittura, ho saputo, anche di depilarsi, dovevano per forza stare al passo con i tempi e rassegnarsi di fronte le trasformazioni della realtà.
La televisione che è servita più di Garibaldi ad unire il “belpaese”, a diffondere la lingua italiana come alternativa al dialetto siciliano, è servita anche a diffondere un certo stile di vita. Ma ha realmente cambiato più profondamente la condizione della donna?
Apparenze a parte, la donna ha sempre il un suo percorso a tappe prestabilito, deve avere la “dote” di lenzuoli e batteria di pentole (non è più obbligatoria, ma per sicurezza tutte le famiglie te la cominciano a preparare già durante l’infanzia), e quindi poi deve sposarsi perchè in caso contrario non sarà single, ma zitella, che è un termine dispregiativo per indicare una ragazza “ca un sa pigghiò nuddu” (nessuno l’ha voluta sposare), è quasi un disonore per la famiglia, e tutti i parenti dietro le spalle criticano e compiangono, dicendo “ci arristò supra a panza a so patri” (è rimasta sullo stomaco di suo padre), anche se la ragazza lavora ed è indipendente.
Fino al matrimonio è quasi impossibile che una ragazza vada a vivere da sola, se “avi a niesciri di casa” (deve uscire dalla casa di famiglia) è solo per sposarsi. Sarebbe un’onta insopportabile, questo si può giustificare solo nel caso di un lavoro fuori città, ma mai per una scelta di libertà.
La ragazza in gioventù, può uscire, ma deve sempre guardarsi dalle dicerie della gente, ci vuole poco ad essere etichettata con appellativi poco gradevoli, semplicemente perchè si è cambiato fidanzato o si esce troppo spesso.
Tra le tappe fondamentali, dopo il matrimonio ci sono i figli, perchè se non li fa è sempre colpa sua che non “ci riesce”, e il marito è visto come un “poverino”.
Poi ho già detto che esiste ancora la fuitina, il matrimonio riparatore, tutte cose che a guardare l’apparenza sembrerebbero molto lontane, ma sono ancora molto presenti.
Quindi è chiaro che non bastano i jeans stretti e la frangetta ad aver reso la donna libera.
A volte qualcuno dice che in Sicilia la società era matriarcale, perchè nell’immaginario comune si ricordano quelle belle matrone (soprattutto le anziane) come fulcro della famiglia che con forza comandavano “a bacchettone” il marito, immaginato come un vecchietto magro, col viso incartapecorito dal sole, la coppola in testa e privo della facoltà di parola.
In realtà, malgrado questa possibile interpretazione, la donna amministrava tutto, ma lo faceva sempre in nome del patriarcato, trasmettendone ai figli i valori e i principi. In questo modo, il “vecchietto raggrinzito” aveva più che altro la possibilità di farsi “i fatti suoi”, tanto il lavoro duro di casa lo faceva la moglie.
La donna palermitana ha comunque in sè una bella aggressività, che nulla ha a che vedere con l’immaginario della donna sicula muta. Ci sono dei momenti particolari, in cui si trasforma diventando quasi irriconoscibile. La voce si fa incredibilmente stridula, le mani obbligatoriamente sui fianchi. Questo avviene nel caso in cui ci sia una lite condominiale o un incidente stradale.
In questi casi lo spettacolo può essere terribile ma anche divertente. Le urla sono in falsetto. Le mogli quasi sempre fomentano i mariti alla “sciarra” (lite), si strappano i capelli, si insultano, però quasi sempre, per fortuna, alla fine non succede niente, perchè i mariti, per dare soddisfazione alla propria signora, fingono di voler venire alle mani, ma continuano a chiedere alle persone vicine di essere trattenuti “tinìtimi, tinìtimi sinnò l’ammazzo” e le mogli gridano “ammazzalo! ammazzalo”, ma poi tutti si accordano e fanno pace!
Ora veniamo alla “festa” della donna. Quella che in origine doveva essere “la giornata” della donna, un momento di lotta per difendere i propri diritti, un momento per stare insieme e confrontare le proprie esperienze, è diventato negli anni una “festa” tra le peggiori, che esprime veramente quanto poco si sia cambiato negli anni e quanto ancora c’è da fare. Il meglio che si fa con questa festa di massa è riproporre i peggiori comportamenti maschili.
Io ricordo che sarà da circa quindici anni che qui a Palermo è iniziata questa tradizione. I primi anni, l’8 di marzo, si vedevano gruppetti di donne di differenti età (le mamme, le figlie, le nonne), che vestite di tutto punto andavano a mangiare in pizzeria. Qui le signore si intrattenevano per un po’, chiacchieravano tra loro e poi tornavano a casa. Poteva essere un bel momento di condivisione, se non fosse che si limitava ancora ad una concessione dei mariti, che una volta l’anno, per la verità un pò contrariati, lasciavano uscire le mogli da sole. Dal giorno dopo tutto come prima. Quel giorno gli uomini rimanevano a casa e dovevano farsi da mangiare da soli, oppure le mamme o mogli lasciavano già tutto pronto...
Dopo un pò di anni, le cose sono cambiate. Trasformandosi in una “festa” commerciale e di massa, rappresentava l’occasione per gruppi di maschi di approfittare di uscire per “abbordare” le donne in giro da sole, che quel giorno sentendosi libere, potevano cedere più facilmente alle avances... e l’emancipazione? Boh!
Ma il top si è raggiunto negli ultimi anni, ovvero con la moda degli spogliarellisti nei locali. La città è tempestata di manifesti con le foto di questi bellocci a petto nudo e abbronzato e capelli dinoccolati sulle spalle, sui manifesti svetta tristemente il titolo “Festa della donna”. Nei locali si ha così lo spettacolo del finto “uomo oggetto”, gli animatori fanno battute maschiliste a doppio senso, e le donne ridono, e mi domando perchè. Anche nella pizzeria che non può permettersi lo spogliarellista, c’è almeno un cameriere ammiccante che magari si fa fotografare abbracciato alle clienti.
Ma la festa con lo spogliarellista è la più degradante che ci sia. Io, mio malgrado, una decina di anni fa ho vissuto questa tragicomica esperienza. Era l’8 Marzo. Sapevo di andare in un pub con le mie colleghe di università, loro conoscendo le mie idee, furono vaghe e io andai convinta ancora di trovare i gruppi di nonne, zie e nipoti. La serata fu normale, come quelle in un pub, musica, bere qualcosa etc.
Ma ad un certo punto... sentii un urlo corale disumano, stridulo, a singhiozzo, sempre più forte, una sorta di risata arrabbiata, un suono interminabile da parte di tutte le ragazze presenti nel luogo che nello stesso tempo saltarono come cavallette sui tavoli e sulle panche. Mi voltai stupita e vidi spuntare su un palchetto un giovane con capelli lunghi lisciati all’indietro da tanto gel, con canottiera a rete e pantalone attillato.
Poco dopo l’immagine sparì perchè tutta quella massa di ragazze si era affollata intorno al palco, continuando ad urlare e cercare di togliergli gli abiti di dosso. Ad ogni movenza del belloccio, l’urlo si faceva più forte, io mi sentivo impietrita, ma non per la cosa in sè, che alla fine non mi sconvolge più di tanto un uomo depilato e mutandato, ma per quella reazione incredibile. L’esibizione durò poco, fortunatamente perchè l’urlo a intermittenza la accompagnò per tutto il tempo. Io vedevo ogni tanto volare un capo di abbigliamento, un petto gommoso, un braccio abbronzato. Ma l’immagine che più mi intristì, ma che se ci penso mi fa anche ridere, fu verso la fine del piccolo show.
Tra braccia di ragazze agitate, reggiseni sventolanti etc, spuntò di nuovo il finto “uomo oggetto”, col petto ormai denudato e con... udite udite...
un ramoscello di mimosa che svettava fiero dalla mutanda leopardata...
e come direbbe Peppino De Filippo “ho detto tutto”!
Come sempre i miei post, trattano delle caratteristiche più tipiche di Palermo e che colpiscono la mia attenzione, che a volte mi intristiscono e a volte mi fanno sorridere. Fortunatamente poichè l’umanità e varia, e soprattutto si tratta di una grande città, a Palermo, come in ogni luogo, c’è tutto e il contrario di tutto. Quindi ci sono anche tante persone (donne e uomini) che riescono, magari faticando un po’, a scegliere come vivere la propria vita e ritagliarsi i propri spazi di libertà e di diversità.
Potrà interessare sapere che a Palermo per l’8 Marzo ci saranno due concerti, uno alle 21.30 di Fiorella Mannoia al Teatro Politeama e l’altro alle 18.30 del pianista Giovanni Allevi al Teatro Massimo.
sabato 7 marzo 2009
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10 commenti:
che schifiu...manco a me piace questo tristissimo e umiliante show e meno che mai mi piace l'uomo depilato bleah....
Finalmente sei tornata...
Baci
dobbiamo lavorare ancora molto...per non metterci alla pari con gli uomini per quanto riguarda lo spogliarello, No donne oggetto, ma neanche uomini...
mi hai fatto sbellicare dalle risa leggendo l'ultima parte del post con quello ho detto tutto non mi regevo più è tutto vero quello che hai scritto, io sto a napoli e qui la donna ha molta più libertà di azione sono caduti molti preconcetti ma la festa della donna resta una buffonata un bacio
ahhh ... bene bene allora anche lì da voi c'è lo stesso spettacolo aberrante!ma d'altronde Campaniae sicilia hanno tante cose in comune belle e brutte no? vieni a leggere anche il mio post ... è molto simile al tuo!
un abbraccio forte forte forte e buona domenica
Ciao Elena, è vero, un triste e depilato spettacolo!
Cara Signora in rosso, hai ragioe, la parità non è riproporre i peggiori comportamenti maschili, è una questione di diritti. Se poi le donne potessero far prevalere il meglio che hanno espresso nella loro storia...
Ciao Carmen, non sai quanto sono felice quando mi dici delle tue risate, perchè anch'io scrivendolo ridevo da sola! Quello che ho scritto è vero, sembra incredibile, ma è così!
Ciao Dida, ho letto il tuo post, Sicilia e Campania sono proprio due cugine strette!
Un bacione a tutte!
Evelin
Ciao Evelin, come al solito il tuo post è una chicca !
Con i tuoi racconti di vita palermitana e le descrizioni ironiche ed argute del popolo siciliano (e non solo... tutto il mondo è paese oramai) sono meglio dei romanzi di Camilleri :-D
Le liti per il traffico, gli urletti per lo spogliarello, le donne "baffute", i rotolini fuori dei pantaloni a vita bassa... ho visto tutto davanti i miei occhi leggendo le tue parole: BRAVISSIMA !!!!
hahahahaha
A parte che stavo rotolando per terra dal ridere durante il racconto dello strip con ramo di mimosa annesso...
Posso dirti che ciò che ho letto in parte mi stupisce e mi fa pensare,credevo che qualcosa stesse cambiando nel profondo,ma ci vuole ancora del tempo forse...
Ciao Jajo, grazieeee! Se mi paragoni a Camilleri, mi fai aumentare troppo il livello di autostima! Però oggi ci voleva!
Ciao Alessandra, quel momento della mimosa, io lo ricordo come una scena da film comico!
Per il resto dobbiamo ancora lavorare molto, ma prima o poi ce la faremo!
Evelin
Credo che sia un pó cosi in tutto il mondo. Anche in Brasile si vedi questi cose buffe.
ma le donne ancora non hanno diritti uguali. Dobbiamo lavorare un pó piú, come hai detto te.
Buon fine settimana.
Abbraccio
Anegl
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