E così io oggi, mentre insieme a Massimo camminavo distratta per le strade del paese, ho scoperto una tradizione di Terrasini che non conoscevo.
Ero soprapensiero, un po’ triste e un po’ felice. Felice di trascorrere una domenica rilassante, felice di piccole cose, come il paneimpasta per la pizza lasciato a lievitare sotto la mia copertina di lana tutta colorata, e triste per l’umanità così colpita da disgrazie naturali e non.
La via che stavamo percorrendo con il nostro abituale passo spedito, non sembrava uguale al solito, alcune case erano particolarmente illuminate ed addobbate, e all’ingresso di queste case c’erano dei cartelli con su scritto “Mensa di San Giuseppe”.
La curiosità di scoprire il significato di quelle tavole imbandite a festa, dei lampadari illuminati, delle decorazioni, dei dolci esposti, era tanta, ma la mia proverbiale timidezza mi frenava dal fare domande e ancor di più foto.
Ma sarà la voglia di scrivere sul blog, sarà l’amore del conoscere sempre diverse tradizioni della Sicilia, sarà quel che sarà, mi sono decisa a trasformarmi per un giorno in turista o meglio in “turista-blog-reporter a casa mia”.
La tradizione delle Mense esiste a Terrasini da tempi immemorabili, anche se ultimamente era stata abbandonata. Da qualche anno alcune persone devote a San Giuseppe, hanno pensato di rispolverare la vecchia usanza e adesso ci sono otto famiglie o piccoli gruppi ad imbandire la propria casa.
Ogni gruppo di devoti mette a disposizione una camera di una casa, che generalmente rispecchia lo stile delle case antiche di Terrasini, deve essere una stanza che da sulla strada, che viene addobbata con quadri di San Giuseppe,
merletti, fiori ed una tavola apparecchiata lussuosamente, tutto intorno tante sedie per accogliere i passanti o coloro che vorranno lasciare un’offerta o del cibo per i poveri.
La Mensa viene aperta per una decina di giorni, fino al giorno della festa del Santo, in cui ogni casa organizza una piccola processione a ricordare il giorno in cui San Giuseppe cacciato da tutti cercava un rifugio per lui, Maria e il bambinello. Nella rappresentazione i tre bussano e la risposta di diniego è: “Nun c'è locu, nè lucanna, itivinni a natra banna” (non c’è luogo nè locanda, andatevene da un’altra parte”, alla fine però la risposta sarà: “Gesù, Giuseppi e Maria, siti benvinuti 'ncasa mia”.
Ogni mensa ha uno stile diverso dalle altre, e lo scopo oltre che quello legato alla preghiera e alla tradizione è anche la raccolta di cibo da offrire alle famiglie povere.
La Mensa viene aperta per una decina di giorni, fino al giorno della festa del Santo, in cui ogni casa organizza una piccola processione a ricordare il giorno in cui San Giuseppe cacciato da tutti cercava un rifugio per lui, Maria e il bambinello. Nella rappresentazione i tre bussano e la risposta di diniego è: “Nun c'è locu, nè lucanna, itivinni a natra banna” (non c’è luogo nè locanda, andatevene da un’altra parte”, alla fine però la risposta sarà: “Gesù, Giuseppi e Maria, siti benvinuti 'ncasa mia”.
Ogni mensa ha uno stile diverso dalle altre, e lo scopo oltre che quello legato alla preghiera e alla tradizione è anche la raccolta di cibo da offrire alle famiglie povere.
Abbiamo così visitato tre mense, le prime due erano tipicamente legate alla tradizione di Terrasini, le gentilissime signore, dopo averci raccontato tutto, mostrato foto, permessomi di scattare foto, invitato alla processione del sabato, offerto pane di San Giuseppe, mi hanno anche consigliato di andare ad una Mensa un po’ diversa dalle loro, perchè chi l’aveva organizzata aveva seguito lo stile che si usa nel paese di Borgetto (a 20 km da Terrasini), dove l’addobbo delle Mense è molto più elaborato, le pareti della camera si trasformano in un merletto di nastri, drappi di raso, incroci di stoffe.
Non riuscendo a trovare questa casa particolare, chiediamo informazioni ad un gruppetto di anziani. Una signora zittisce tutti e gesticolando dice riferendosi a noi: “Chisti sunnu stranieri, sunnu di Burgettu. Di ddà, aviti a ghiri di ddà” (Costoro sono stranieri, provengono da Borgetto. Dovete andare di la, in quella casa). Ecco nella vita mi sono successe tante cose, mi sono stati attribuiti tanti luoghi di nascita e diverse nazionalità, ma soprattutto questo accade a Massimo (che viene scambiato per arabo, Tunisino, Marocchino, e...Caparezza, etc) ma mai mi era capitato di sentirmi dire che siamo addirittura stranieri perchè di Borgetto!
Anche nella casa in stile Borgetto siamo stati ben accolti,
ci hanno spiegato che il giorno della festa avrebbero invitato a cena tre bambini poveri, quando “s’invitano i Santi” (ovvero metaforicamente a mangiare sono i santi a cui sono devote le famiglie di appartenenza di quei bambini), ci hanno offerto come tutti gli altri il pane benedetto,
ci hanno fatto fare la foto, ci hanno spiegato che la creazione dell’addobbo è durata un mese ed è stata realizzata da maestranze arrivate direttamente da Borgetto.
Alla fine la signora mi ha pure cantato la canzoncina di San Giuseppe.
Queste tradizioni possono piacere o meno, si può trovare spiritualità o abitudine, carità o ostentazione, ma in ogni caso si esprime una parte della essenza di un popolo, in questo caso di quello siciliano che è sempre interessante conoscere e scrutare per saperne leggere ogni suo aspetto.
La cosa che più mi colpisce in questi eventi spirituali è il bisogno che c’è di aggregazione, al di là delle motivazioni religiose, che comunque rappresentano la spinta iniziale ad incontrasi. C’erano tante tipologie di partecipanti, dai visitatori di cortesia, ai più devoti e assorti, a chi approfittava del momento per fare semplicemente una chiacchierata tra amiche, all’anziano che si riposava su una salvifica sedia.
Questo è ciò che ho scoperto in questa mia piccola esperienza di “turista-blog-reporter in casa mia”, trovando persone accoglienti e gentili, desiderose di raccontare e far conoscere le proprie usanze. La promessa è stata di ritornare il giorno di San Giuseppe, per fotografare e riprendere le processioni, speriamo proprio di poterlo fare, così avrò un’altra storia da raccontare!
Queste tradizioni possono piacere o meno, si può trovare spiritualità o abitudine, carità o ostentazione, ma in ogni caso si esprime una parte della essenza di un popolo, in questo caso di quello siciliano che è sempre interessante conoscere e scrutare per saperne leggere ogni suo aspetto.
La cosa che più mi colpisce in questi eventi spirituali è il bisogno che c’è di aggregazione, al di là delle motivazioni religiose, che comunque rappresentano la spinta iniziale ad incontrasi. C’erano tante tipologie di partecipanti, dai visitatori di cortesia, ai più devoti e assorti, a chi approfittava del momento per fare semplicemente una chiacchierata tra amiche, all’anziano che si riposava su una salvifica sedia.
Questo è ciò che ho scoperto in questa mia piccola esperienza di “turista-blog-reporter in casa mia”, trovando persone accoglienti e gentili, desiderose di raccontare e far conoscere le proprie usanze. La promessa è stata di ritornare il giorno di San Giuseppe, per fotografare e riprendere le processioni, speriamo proprio di poterlo fare, così avrò un’altra storia da raccontare!
4 commenti:
io nei tuoi post mi ci perdo...ognuno come dici tu attribuisce il siginficato che vuole a queste tradizioni..io li trovo affascinanti..perche' di base ci sta l'unione della gente legate a riti e vecchie tradizioni e visto che io porto molto rispetto per ogni gente e la sua cultura e le sue tradizoni li guardo e li ammiro e ringrazio te che attraverso i tuoi post ce le illustri egregiamente...baci e buon lunedi
ma sai che palermo e dintorni me lo stai facendo scoprire tu?
baci
ma sai che palermo e dintorni me lo stai facendo scoprire tu?
baci
Spero tu sia riuscita a ritornare per il giorno di san Giuseppe per continuarti a leggerti. Uno zio di Pasquale ogni anno mi manda un pane di san Giuseppe ma non sapevo dell'usanza di imbandire le case...chissà che bello sarà vederlo di presenza...viva la sicilia!!!!
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