L’altra mattina abbiamo fatto una bella passeggiata al Mercato del Capo con la nostra amica Judy.
Questo mercato storico è quello che noi preferiamo, abbiamo attraversato la strada principale entrando da Porta Carini, in cui si vendono soprattutto generi alimentari e prodotti tipici. Il mercato poi si dirama in alcune traverse (cambiando genere, si trova abbigliamento, tendaggi, casalinghi) che in qualche modo, lo collegano agli altri famosi mercati storici di Palermo (la Vucciria e Ballarò).
Al Capo si respira fortemente l’essenza di Palermo, i contrasti, la bizzarria, l’arabo, il paganesimo cattolico, la sporcizia e i profumi speziati, il barocco...
Ci sono piccole «putie » (negozi) coperte da tendoni dai colori sbiaditi e arredati al loro interno con lampadari dorati e con finti cristalli che penzolano , imitazioni popolari di quelli che si trovano nei palazzi nobiliari. Foto di santi e madonne, affiancate a quelle dei cantanti neomelodici o dei calciatori del Palermo inseriti in cornici decorate dal gusto un pò kitsch .
Ci sono panifici che mantengono ancora i banconi di marmo di tanti anni fa. Bancarelle ricche di frutta e ortaggi disposti ad arte. I colori sono quello che più colpisce, associati con gusto e allegria. Bellissimi i banchi con le olive, con il loro profumo stimolano l’appetito, ci sono quelle nere carnose, quelle piccole acciurate, le verdi condite con aglio e origano e quelle fresche schiacciate. E poi si trovano spezie di ogni tipo, sacchettini ben disposti colmi di zafferano, « uva passa e pinoli », (ingredienti tra i più usati nella nostra cucina), e mazzetti di origano che sprigionano il loro caratteristico aroma.
Poi paccottiglia di ogni genere, ceramiche, bottiglie , barattoli...
Inquietanti i banchi della carne, sovrastati da grossi uncini a cui sono appese le carcasse di ovini e bovini che diverranno cibi prelibati. Affascinanti quelli del pesce, coperti di lastre di ghiaccio e alghe e colmi di pesce azzuro, calamari violacei, grossi pescespada, ma anche piatti pronti tra cui i buonissimi involtini, l’insalata di mare, e soprattutto le sarde a beccafico.
Passeggiando abbiamo raggiunto una buona pasticceria, affiancata dal laboratorio « aperto al pubblico ». Il dolciere molto gentile ci ha fatto vedere come preparava la frutta martorana, ci ha dato la ricetta ( 1 kg di farina di mandorle, 3 di zucchero, 1 mandorla nera, acqua) e ce l’ha fatta assagiare. Poi abbiamo raggiunto il chioschetto in stile liberty, dove si può gustare ancora l’aqcua cu zammù (gocce di anice) e dove preparano ancora l’autista (mix di sciroppi di agrumi, succo di limone, selts, e bicarbonato) bevanda digestiva, utile dopo aver gustato la cucina palermitana.
Imbattibile per la sua particolarità comunque rimane, all’ingesso del Capo, il venditore di frittola, col suo paniere misterioso, coperto da una mappina (tovaglietta) quadrettata, in cui introduce la mano ed estrae un pugno di grassi di maiale fritti nello strutto che ripone nella mano del coraggioso cliente, protetta da carta oleata.
Al Capò si respira la Palermo di un tempo e di oggi, si sente parlare un dialetto quasi incomprensibile, si trova la gente comune cha fa la spesa provando a risparmiare, i venditori sono spesso accoglienti e come delle vere star si fanno fotografare esponendo la propria merce con orgoglio, si può essere anche colpiti dalla confusione e da una certa diffidenza, ma sicuramente visitarlo e scoprirlo è un’esperienza da non perdere.
Questo mercato storico è quello che noi preferiamo, abbiamo attraversato la strada principale entrando da Porta Carini, in cui si vendono soprattutto generi alimentari e prodotti tipici. Il mercato poi si dirama in alcune traverse (cambiando genere, si trova abbigliamento, tendaggi, casalinghi) che in qualche modo, lo collegano agli altri famosi mercati storici di Palermo (la Vucciria e Ballarò).
Al Capo si respira fortemente l’essenza di Palermo, i contrasti, la bizzarria, l’arabo, il paganesimo cattolico, la sporcizia e i profumi speziati, il barocco...
Ci sono piccole «putie » (negozi) coperte da tendoni dai colori sbiaditi e arredati al loro interno con lampadari dorati e con finti cristalli che penzolano , imitazioni popolari di quelli che si trovano nei palazzi nobiliari. Foto di santi e madonne, affiancate a quelle dei cantanti neomelodici o dei calciatori del Palermo inseriti in cornici decorate dal gusto un pò kitsch .
Ci sono panifici che mantengono ancora i banconi di marmo di tanti anni fa. Bancarelle ricche di frutta e ortaggi disposti ad arte. I colori sono quello che più colpisce, associati con gusto e allegria. Bellissimi i banchi con le olive, con il loro profumo stimolano l’appetito, ci sono quelle nere carnose, quelle piccole acciurate, le verdi condite con aglio e origano e quelle fresche schiacciate. E poi si trovano spezie di ogni tipo, sacchettini ben disposti colmi di zafferano, « uva passa e pinoli », (ingredienti tra i più usati nella nostra cucina), e mazzetti di origano che sprigionano il loro caratteristico aroma.
Poi paccottiglia di ogni genere, ceramiche, bottiglie , barattoli...
Inquietanti i banchi della carne, sovrastati da grossi uncini a cui sono appese le carcasse di ovini e bovini che diverranno cibi prelibati. Affascinanti quelli del pesce, coperti di lastre di ghiaccio e alghe e colmi di pesce azzuro, calamari violacei, grossi pescespada, ma anche piatti pronti tra cui i buonissimi involtini, l’insalata di mare, e soprattutto le sarde a beccafico.
Passeggiando abbiamo raggiunto una buona pasticceria, affiancata dal laboratorio « aperto al pubblico ». Il dolciere molto gentile ci ha fatto vedere come preparava la frutta martorana, ci ha dato la ricetta ( 1 kg di farina di mandorle, 3 di zucchero, 1 mandorla nera, acqua) e ce l’ha fatta assagiare. Poi abbiamo raggiunto il chioschetto in stile liberty, dove si può gustare ancora l’aqcua cu zammù (gocce di anice) e dove preparano ancora l’autista (mix di sciroppi di agrumi, succo di limone, selts, e bicarbonato) bevanda digestiva, utile dopo aver gustato la cucina palermitana.
Imbattibile per la sua particolarità comunque rimane, all’ingesso del Capo, il venditore di frittola, col suo paniere misterioso, coperto da una mappina (tovaglietta) quadrettata, in cui introduce la mano ed estrae un pugno di grassi di maiale fritti nello strutto che ripone nella mano del coraggioso cliente, protetta da carta oleata.
Al Capò si respira la Palermo di un tempo e di oggi, si sente parlare un dialetto quasi incomprensibile, si trova la gente comune cha fa la spesa provando a risparmiare, i venditori sono spesso accoglienti e come delle vere star si fanno fotografare esponendo la propria merce con orgoglio, si può essere anche colpiti dalla confusione e da una certa diffidenza, ma sicuramente visitarlo e scoprirlo è un’esperienza da non perdere.
(foto di Jean-Luc Moreau)
2 commenti:
La descrizione particolareggiata rende davvero l'idea di cosa è il nostro mercato, meglio delle fotografie...Mi è piaciuto molto
Grazie, il mercato in effetti è proprio bello e le parole non bastano mai, mi fa piacere se sono riuscita a descriverlo bene. Ciaoooo!
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