La ricetta di oggi riguarda un piatto “antico” di origini povere, una delle tante soluzioni che il “popolo” sperimentò per non rinunciare al piacere della tavola, senza però dover mettere in difficoltà l’economia della propria casa. A questo scopo, nulla di meglio che ricorrere all’uso delle frattaglie, che i macellai, a Palermo chiamati comunemente “carnezzieri” (alla maniera spagnola) o più dialettalmente “chianchieri” (da chianca), vendevano a basso prezzo, ma che le brave madri di famiglia e i “cuochi di strada” sapevano “infiocchettare e abbellire” al punto da renderle non solo gustose, ma anche preferibili ai tagli di carne più costosi.
E così, la milza, le stigghiole, la quarume, l’insalata di musso, la trippa etc, divennero dei piatti prelibati e apprezzatissimi da tutti i palermitani doc.
Il piatto in questione è la “ trippa a’ livitana”, una ricetta che prepara mia madre, le è stata tramandata da generazione in generazione, l’ha vista cucinare da sua mamma e da sua nonna, che la consideravano un piatto molto antico e tipicamente palermitano.
Ogni piatto tipico mi incuriosisce, mi piace scoprirne la storia, le origini, l’etimologia del nome etc, è stato così anche in questo caso; volevo capire l’origine del termine “livitana” e altre curiosità a cui mia madre questa volta non sapeva darmi risposte, e così mi sono affidata alla ricerca su internet, e lì l’arcano: trovo delle ricette di trippa a’ livitana, anche detta “olivetana”, sono ricette siciliane, ma non palermitane, si tratta di sformati contenenti oltre la trippa, le melanzane, sembrano ottime ma nulla c’entrano con la ricetta della mia famiglia. A questo punto non so se la mia ricetta sia corretta, se siano le mie ave ad averla inventata o ad averle attribuito il nome sbagliato, non so nemmeno perchè si dica livitana o olivetana, le olive non c’entrano proprio, forse potrebbe entrarci Sant’Oliva, una delle protettrici di Palermo, ma è una deduzione tutta mia. Così se ci fossero in ascolto (anzi in lettura) dei palermitani, mi augurerei che potessero dare delle risposte a queste domande, insomma come si può resistere senza conoscere la storia di questa trippa?
Il piatto, decisamente invernale, in effetti è tipicamente palermitano, visto l’uso dello zafferano, del pangrattato ed altri ingredienti che si trovano in tanti nostri piatti, potrei dire addirittura di derivazione araba (!!!), ma sono sempre mie ipotesi... perchè fra il serio e il faceto, mi piace tanto questa cosa della derivazione araba di tutti i nostri piatti (ovviamente poi rielaborati, trasformati e mixati, negli anni, con nuovi ingredienti e ricette introdotti da altri dominatori stranieri), che di certo esagero un po’, ma che ha il suo fondo di verità in anni di dominazione araba e riportato quindi in tante ricerche fatte da studiosi dell’arte culinaria siciliana.
Ora l’ultima ammissione prima della ricetta. Non ho preparato io il piatto ritratto nelle foto, ma mia madre, è stato molto apprezzato, anche da mio padre che mangia tutto tranne la trippa (ora quindi dovrei dire: “che mangia tutto.”), a me però non piace tantissimo, il condimento è ottimo, ma è la trippa in se a non convincermi, bè d’altra parte dico sempre di essere palermitana aliena doc... ma giuro che chi apprezza la trippa gradirà tanto questa ricetta!
E così, la milza, le stigghiole, la quarume, l’insalata di musso, la trippa etc, divennero dei piatti prelibati e apprezzatissimi da tutti i palermitani doc.
Il piatto in questione è la “ trippa a’ livitana”, una ricetta che prepara mia madre, le è stata tramandata da generazione in generazione, l’ha vista cucinare da sua mamma e da sua nonna, che la consideravano un piatto molto antico e tipicamente palermitano.
Ogni piatto tipico mi incuriosisce, mi piace scoprirne la storia, le origini, l’etimologia del nome etc, è stato così anche in questo caso; volevo capire l’origine del termine “livitana” e altre curiosità a cui mia madre questa volta non sapeva darmi risposte, e così mi sono affidata alla ricerca su internet, e lì l’arcano: trovo delle ricette di trippa a’ livitana, anche detta “olivetana”, sono ricette siciliane, ma non palermitane, si tratta di sformati contenenti oltre la trippa, le melanzane, sembrano ottime ma nulla c’entrano con la ricetta della mia famiglia. A questo punto non so se la mia ricetta sia corretta, se siano le mie ave ad averla inventata o ad averle attribuito il nome sbagliato, non so nemmeno perchè si dica livitana o olivetana, le olive non c’entrano proprio, forse potrebbe entrarci Sant’Oliva, una delle protettrici di Palermo, ma è una deduzione tutta mia. Così se ci fossero in ascolto (anzi in lettura) dei palermitani, mi augurerei che potessero dare delle risposte a queste domande, insomma come si può resistere senza conoscere la storia di questa trippa?
Il piatto, decisamente invernale, in effetti è tipicamente palermitano, visto l’uso dello zafferano, del pangrattato ed altri ingredienti che si trovano in tanti nostri piatti, potrei dire addirittura di derivazione araba (!!!), ma sono sempre mie ipotesi... perchè fra il serio e il faceto, mi piace tanto questa cosa della derivazione araba di tutti i nostri piatti (ovviamente poi rielaborati, trasformati e mixati, negli anni, con nuovi ingredienti e ricette introdotti da altri dominatori stranieri), che di certo esagero un po’, ma che ha il suo fondo di verità in anni di dominazione araba e riportato quindi in tante ricerche fatte da studiosi dell’arte culinaria siciliana.
Ora l’ultima ammissione prima della ricetta. Non ho preparato io il piatto ritratto nelle foto, ma mia madre, è stato molto apprezzato, anche da mio padre che mangia tutto tranne la trippa (ora quindi dovrei dire: “che mangia tutto.”), a me però non piace tantissimo, il condimento è ottimo, ma è la trippa in se a non convincermi, bè d’altra parte dico sempre di essere palermitana aliena doc... ma giuro che chi apprezza la trippa gradirà tanto questa ricetta!
Ricetta:
Ingredienti: trippa (non so quanta, ma bastava per quattro persone), una bustina di zafferano, una cipolla, mezzo bicchiere di vino bianco, olio, sale, pepe, acqua, prezzemolo, pan grattato e formaggio grattugiato.
Preparazione: far scaldare dell’acqua in una pentola, quando bolle versare la trippa e far sobbollire per cinque minuti, poi scolarla. Questo procedimento serve a togliere il sapore troppo forte della trippa. In un tegame imbiondire una cipolla tritata con olio evo, aggiungere successivamente la trippa. Dopo pochi minuti sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco. In una tazzina di acqua sciogliere lo zafferano (una bustina) e versare nel tegame con la trippa, aggiungere sale, pepe e prezzemolo tritato. Far cuocere per dieci minuti (se serve aggiungere dell’acqua).