La questione centrale girava tutta intorno al nome da dare ai propri figli. C’erano ed in parte ci sono ancora oggi delle regole tassative da seguire, regole che per chi le applicava si incentravano tutte intorno a un concetto: “u rispiettu” (il rispetto), che è il valore principe o forse un atteggiamento sul quale si fondano le relazioni familiari, che non ha solo a che fare con l’amore, la considerazione, la tolleranza, ma in questo caso, nella sua declinazione sicula doc, anche con la conservazione delle tradizioni, con un certo perbenismo ed anche un pizzico di paura...
“Bisogna purtari rispiettu” . E’ una frase, un dettame da seguire per evitare "sciarre" (liti) e "schifiu" (trambusti).
Nel caso del nome da dare ai figli la regola è quella di dare ai primogeniti i nomi dei nonni paterni (che siano maschi o femmine) e ai secondogeniti quelli dei nonni materni, così alcune famiglie “erano costrette” a procreare anche quattro o cinque figli per accontentare un po’ tutti, certo se ad esempio nascevano tre maschi e una femmina si era fregati, perchè la nonna materna non aveva la nipotina con il proprio nome e bisognava accontentarla), ma in compenso si aveva la possibilità di scegliere un “nome moderno” per il terzo maschietto, così magari c’erano quattro fratellini, Salvatore, Carmelo, Assunta e ... Kevin!
Se non si fosse seguita questa regola i nonni si sarebbero offesi pesantemente, avrebbero tolto il saluto, o mostrato dolore e sofferenza estrema, la colpa imputata ai figli sarebbe stata quella di "mancanza di rispiettu", con relativa onta e vergogna dinanzi a tutto il parentado, imbarazzi generali, pubblica gogna (fatta di sguardi e sorrisini).
I nonni più comprensivi dopo il perdono, avrebbero dovuto inventare scuse e giustificazioni di vario genere, fingendo di non sentirsi feriti per tale insubordinazione da parte dei figli, ma sentendosi dire alle spalle da altri familiari : “mischinu un ci misiru u so nomi au picciriddu, u chiamaru Andrea, ma chi è stu nomi nordico?” (poveretto non hanno dato al piccolo appena nato il suo nome, lo hanno chiamato Andrea, ma che razza di nome è, sarà forse un nome proveniente dal continente?).
Poteva capitare che i nonni portavano dei nomi ritenuti troppo “antichi” o brutti e così avvenivano cruente liti tra mogli e mariti al presentarsi del lieto evento: “io ci tengo ai miei genitori”, “ma quel nome fa schifo”, “se non mettiamo il nome di mio padre, appena nasce il secondo non mettiamo nemmeno il nome del tuo”, “poi non ci guardano più in faccia” etc, insomma dinanzi alle cliniche si sono spesso rappresentati dei veri e propri drammi familiari.
E poi c’erano i casi in cui tutti i cuginetti avevano gli stessi nomi e cognomi, in una riunione familiare si chiamava uno e si giravano in cinque. In casi simili poteva avvenire un fenomeno, se i nonni si ritenevano già ampiamente accontentati e soddisfatti avendo un primo nipote che portava il loro nome, gli altri nipoti successivi (figli di altri figli) potevano avere dei nomi diversi ed era un gran sollievo per tutti.
Un altro modo per non contravvenire alla regola del rispetto, ma poter avere la possibilità di scegliere in parte i nomi per i propri figli, era l’uso del “secondo nome”.
Se i nonni erano supercomprensivi si sarebbero accontentati di sapere che il nipotino portava il loro nome come “secondo nome”, quindi per esempio una neo nata si sarebbe potuta chiamare Sharon, Filippa Rossi e se qualche parente chiedeva spiegazione si poteva usare la scusa del “secondo nome”, nella maggior parte dei casi però i nonni pretendevano il "primo nome" (quello che compare nei documenti), si poteva accettare l’idea che i nipoti fossero però abitualmente chiamati con il secondo nome “liberamente scelto” è un po’ complicato, lo so, ma è reale, così per esempio ci poteva essere un Antonino, Ivan Rossi che tutti chiamavano Ivan ma che se doveva firmare, si firmava Antonino Rossi (come il nonno) e questo era già gradito “l’anagrafe è sempre l’anagrafe”.
In alcuni casi i neo genitori si lasciavano prendere la mano con i secondi nomi ed in un delirio di fantasia aggiungevano nomi su nomi, così una figlia magari si chiamava Crocifissa, Allison, Chantal, Barbara, Lucrezia, Veronica, Ambra Rossi e se per caso l’impiegato dell’anagrafe si scordava a mettere le virgole a voglia a firmare...
Se i nomi imposti sono quelli dei nonni, i nomi di fantasia spesso seguono le mode, le soap opera, gli attori del momento, i personaggi dei reality etc, così ci sono generazioni di Barbara, di Monica, di Fabio, di Kevin, di Sharon, ma non so perchè c’è un nome intramontabile in alcune famiglie palermitane doc che è Jessica, detto Giaaassica e risulta sempre... molto chic.
Tra tutte queste regole ce n’è una originale, che nessuno che conosco ha mai usato, un’idea megagalattica, superpersonalistica, da ego gigantesco. Si potrebbe chiamare il figlio con il proprio nome che so, magari anteponendo un altro nome, magari... non so..., un “Pier”... ops forse uno lo conosco, si si è quel certo Signor... Gioacchino che ha chiamato il proprio figlio PierGioacchino, che ego che ha quello lì !!!
E se qualcuno si chiederà come hanno fatto i miei genitori a chiamarmi Evelin è una domanda troppo complessa, posso però rivelare che la mia nonna materna dalla quale avrei dovuto prendere il nome (sono secondogenita) si chiamava Teresa, come sua madre, sua nonna paterna (dalla quale prese il nome), casualmente anche sua suocera, le sue cugine e le sue nipoti ed anche una figlia (che doveva prendere il nome della nonna paterna, ovvero la suocera), in realtà anche la seconda figlia (che sarebbe poi mia madre) avrebbe dovuto chiamarsi Teresa come la nonna materna, ma dove si sono viste mai due sorelle con lo stesso nome (uguale poi a quello di mamma e nonne)? Quindi sia mia madre che io siamo due Teresa mancate, ma dopo tutto questo scioglilingua non credete che sia stato un bene interrompere tutta questa omonimia?
E per chi ha avuto tutta questa pazienza ecco una bella foto di Terrasini