lunedì 28 giugno 2010

Diario di giornate belle e giornate "così così"

Ci sono dei giorni grigi, come ad esempio quando vuoi fare una passeggiata domenicale sul lungo mare,


accosti la machina con l’idea di guardare romanticamente l’orizzonte e respirare il tepore del sole, e proprio in quel fatidico istante, mentre sei immersa nei sogni e nelle fantasie, senti un soave pfffff e ti rendi conto che, ad un lieve contatto con il marciapiede, si è spaccata la ruota della tua auto, e così la passeggiata si trasforma in due esseri umani imbrattati di nero, con il libretto delle istruzioni della macchina tra le mani, perchè non era mai capitato prima, con i nervi a pezzi e quel tepore del sole tanto desiderato è ormai diventato un fastidioso fuoco che brucia il cuoio capelluto, ed è proprio quello il momento in cui capisci come tutto è relativo, altro che Einstein!

Ci sono giorni in cui ti svegli e decidi di collegarti ad internet, ma ti accorgi che non c’è linea. Riavvii, spegni, riconnetti, nome utente, password, non ti arrendi, rifai tutto da capo per cinque volte e poi ti rassegni. Poi riprovi ancora e nulla, allora decidi di fare altro, ma tutto il resto lo vorresti rimandare. Allora meglio fare una bella chiacchierata al telefono. Cominci a digitare il numero e... una voce meccanica si intromette tra te e i tuoi pensieri: “ da questa linea per problemi amministrativi si può solo chiamare ai numeri d’emergenza e a quelli della telecom”. Ehhh????

Cosa è successo? Niente connessione niente telefonate. Sembra la tipica cosa che ti accade se non paghi la bolletta, ma è impossibile, è canalizzata. Allora ti costringi a chiamare al callcenter, e con tutto il rispetto per chi svolge questo amaro lavoro (ne ho due in famiglia), io non sopporto queste telefonate. Ma devo. Attesa di quattro minuti nella quale senti una musica ossessiva, ti viene in mente De Sica junior e Belen, li vorresti inseguire con la cornetta del telefono in mano, decidi allora di cambiare pensiero per evitare di essere troppo arrabbiata quando parlerai con l’operatore umano, senti tutta la pubblicità e le offerte e ti rifiuti di ascoltarle.

Finalmente risponde una gentile signora che alla tua domanda ti risponde stizzita e sconcertata che tu non hai pagato tre bollette. Mantieni la calma e gentilmente le spieghi che tutto è canalizzato, anche volendo non pagare sei costretto a farlo, allora lei capisce e scopre l’arcano, un suo collega chissà perchè ha deciso di togliere l’addebito alla posta e non ti hanno nemmeno mandato i bollettini a casa, così almeno lo capivi.

Ed allora per cercare di vedere le cose positive ripensi a quando eri a casa tutta scompigliata, capelli a istrice, trucco spiaccicato, e bussano al tuo cancello, ti affacci imbarazzata e vedi una sconosciuta con un piatto in mano. La raggiungi e lei è una vicina che non avevi mai visto prima, che per farti sentire benvoluta ti sta regalando dei pesci appena pescati,
che è dispiaciuta per noi per il fatto che in zona non ci sono altri giovani con cui fare amicizia, perchè i suoi figli e nuore sono tutti dovuti emigrare e lei è rimasta sola col marito, ma che ugualmente il posto potrà essere piacevole perchè “è bello e tranquillo”. E tu che non ti aspettavi tutta questa accoglienza sei contenta e la vorresti abbracciare, e quei pesciolini sono un dono prezioso. E così le alici diventeranno la base per due nuove ricette, “alici alla livornese” e una “pasta c’anciova” rivisitata.


In serata il cugino vicino di casa ci regala anche dei bellissimi pomodori del suo orto che sembrano finti per quanto sono perfetti

e li cucinerai in padella (prossimamente ricetta)


e così guardando il tuo piccolo orticello speri che i nuovi pomodori appena spuntati possano crescere e arrossire, e che anche tutto il resto possa andare bene.


Morale: se pure ci sono giorni neri, basta soffermarsi di più sulle piccole cose piacevoli, la generosità umana, le piccole ma grandi sorprese, per stare un po’ meglio. La vita è così, un po’ ti fa arrabbiare, un po’ ti fa gioire, certe volte prevale un aspetto certe volte un altro. Quando tutto sembra negativo bisogna avere la pazienza di aspettare i momenti migliori.
P.s. andate su Blog di cucina per la nuova ricetta della rubrica La Sicilia in tavola, scritta da Scarlett

mercoledì 16 giugno 2010

Il tonno o meglio "a tunnina". La ricetta della "tunnina ca cipuddata all'agro dolce"



Mentre preparavo questo post si è verificato un evento meteorologico che mi ha davvero stupita...

Avendo l’intenzione di scrivere qualcosa di curioso sui tonni, mi sono affidata alle indicazioni di mia madre, che ha sempre delle storie e dei ricordi da raccontarmi sulle tradizioni popolari siciliane. Tra le tante cose mi aveva colpito un antico detto che ripeteva mia nonna quando a Giugno il cielo si incupiva e arrivavano lampi e tuoni: “ ora i tonni si scantanu e scappanu e si finiu di piscalli (ora i tonni si spaventano e scappano e si smetterà di pescarli)”.
Io sentendo questa frase riportata da mia madre, rimango stupita: “ma quando mai in Sicilia a Giugno ci sono lampi e tuoni?”, e penso che sarà una delle tante leggende popolari che si dicevano per segnalare la fine della stagione di pesca. Ed invece che succede? Proprio ieri improvvisamente cade un po’ di pioggia. Poi tutto tace ed improvvisamente per una decina di minuti sento dei forti rumori... i tuoni, a Giugno! Allora è tutto vero... adesso i tonni si saranno spaventati, ed allora CIAO tonni! Le voci di popolo hanno avuto la loro conferma!

I mesi di Maggio e di Giugno sono quelli in cui si mangia “a tunnina”. I tonni (parliamo nello specifico del tonno rosso) in primavera giungono nei nostri mari per deporre le uova, sono dei tonni molto pregiati che però potrebbero rischiare di scomparire per l’inquinamento del mare e per la pesca troppo intensiva.

In Sicilia il tonno fresco è declinato al femminile, “tunnina”, perchè le femmine sono più pregiate dei maschi, almeno per i tonni la cosa è ufficialmente riconosciuta, quanto dovranno aspettare le umane perchè ciò sia riconosciuto anche nella nostra specie?

In Sicilia la pesca dei tonni è stata per secoli molto importante, si sperimentò un metodo chiamato mattanza, furono già i greci a cominciarla e gli arabi intorno all’anno 1000 a diffonderla nell’isola, infatti alcuni termini riguardanti questa pratica e delle particolari litanie che vengono declamate originano chiaramente dal mondo arabo.

La mattanza oltre che un tipo di pesca fu anche una sorta di rituale accompagnato da canti e preghiere, un evento di grande impatto emotivo, che esprime il senso della lotta per la sopravvivenza, una lotta molto crudele e impari per chi si dibatte fino allo stremo cercando di resistere, è un po’ una metafora della vita e della morte, e per i poveri tonni non è per nulla una pacchia, visto che vengono catturati in reti sempre più fitte fino ad arrivare alla “camera della morte” dove vengono arpionati dai “tonnaroti”, così sono chiamati i pescatori, che eseguono l’ordine del loro rais (capo). A pensarci bene avrei preferito non sapere tutti questi particolari, è un po’ una mia personale “sindrome dello struzzo”.

Di questo tipo di pesca, che ormai sta scomparendo, perchè soppiantata dalla pesca industriale che raggiunge i banchi di tonni prima che si avvicinino nelle coste per deporre, ci sono ancora molte tracce nelle nostre coste, le tante Tonnare (quella di Favignana è l’unica ancora attiva) da cui partivano le barche dei pescatori, che spesso sono delle costruzioni di grande fascino e suggestione, da segnalare quella di Scopello, di San Vito, la Tonnara Bordonaro a Vergine Maria e tante altre ancora.

Del tonno non si butta niente, dalle spine (usate per la colla di pesce), alle interiora. La parte più gustosa è la ventresca che qui chiamiamo “surra” ed è una parte grassa che può essere cucinata in diversi modi, poi vi è la parte che a Palermo chiamiamo “busunagghia” (non so la traduzione), che è meno pregiata e di colore scuro, ma ugualmente molto gustosa, del tonno si mangiano anche le uova che vengono salate (bottarga) e poi usate per ottenere deliziosi condimenti per la pasta, del tonno maschio si usa addirittura la parte utile alla fecondazione, “u lattumi”, che viene affettata infarinata e fritta. Inoltre il tonno, come tutti sappiamo, viene conservato sott’olio per poterlo consumare durante tutte le stagioni, ed in Sicilia coloro che fecero fiorire questa pratica e ne fecero un affare (acquistarono l’isola di Favignana con annesso arcipelago), furono i Florio una ricca famiglia che a Palermo caratterizzò la belle époque.

Tra le ricette più tipiche, la ventresca fritta in padella, oppure tutto un tocco intero “ammuttunatu” cioè imbottito con aglio e menta, soffritto in padella e poi cotto nel sugo di pomodoro con i piselli, oppure “a sfinciuni”, infornato e ricoperto di salsa tipica dello sfincione. La busunagghia generalmente viene cotta nel sugo, altri tocchi di tonno possono essere cucinati nella salsa di pomodoro (“a ragù”) per condire la pasta.

E finalmente la ricetta a base di tonno che io preferisco:

“A tunnina ca cipuddata all’agro dolce


Ricetta:

1 kg di fette di tonno, 400 gr di cipolle bianche, olio di semi (per friggere), 50 ml di aceto, un cucchiaio di zucchero, olio evo, menta (o una foglia di alloro), sale e pepe.

Preparazione:

Friggere le fette di tonno in abbondante olio di semi, metterle da parte su un piatto coperto di carta assorbente. Affettare la cipolla sottilmente e farla stufare a fuoco lento con l’olio evo, ravvivare la fiamma e aggiungere l’aceto, lo zucchero, un pizzico di sale, la menta (o l’alloro). Far evaporare l’aceto. Porre le fette di tonno in un piatto da portata e ricoprire con la cipolla precedentemente preparata, è un piatto che va gustato freddo (o tiepido).

giovedì 10 giugno 2010

Aggiornamenti: il caldo, l’orto, la compostiera e la rubrica su blog di cucina

Qui l’estate è già arrivata, l’aria è calda, il sole infuocato. Ci eravamo riproposti di fare qualche lavoretto di manutenzione, tra cui il più impegnativo, riverniciare tutte le ringhiere di ferro ormai cotte dal sole, lavoro più volte rimandato, prima per due gocce di pioggia, poi per il vento, ed ora? E’ arrivato il caldo afoso... o forse è solo “questione di lagnusia”, ma la povera inferriata dovrà aspettare un po’, esisterà una stagione adatta per riverniciare?

Speriamo che il caldo giovi invece al nostro orticello che continua a svilupparsi. E’ una specie di miracolo vedere delle piantine microscopiche


crescere giornalmente.


Fioriscono


e promettono di darci qualche frutto.

Soprattutto sono incredibili le piante di pomodoro,


alte tanto da richiedere un cannucciato fatto con delle canne raccolte nella spiaggia di San Cataldo e intrecciate con perizia dal nostro caro cugino esperto in ortaggi aiutato da Massimo, e sotto il mio sguardo attento (insomma ammetto che mi sono limitata solo a guardare).

Non so perchè ma mi sono innamorata di questa rete di canne intrecciate, reminiscenze infantili, avrei voluto costruire una capanna, una palafitta, una zattera (quelle dei naufraghi in un’isola, non quella dei famosi però, please!), una cesta, una casetta su un albero...
Mi sono accontentata del sostegno ai pomodori alla fine!


Le piante che soffrono maggiormente sono quelle di melanzana e peperoni perchè non ricevono molti raggi solari e rimangono un po’ rachitiche, speriamo bene!


La pianta di cetrioli invece cresce ed io la osservo con sospetto,


perchè i cetrioli proprio non li digerisco, avrei preferito delle belle melanzane da friggere in padella, quelle si che il mio stomaco le apprezza!

Dopo le evoluzioni dell’orto, quelle della compostiera che ancora esiste. Contro ogni mia previsione iniziale, io continuo imperterrita a dividere l’umido e buttarcelo dentro triturandolo prima, questo significa che non è mai troppo tardi per imparare e fare qualcosa, per impegnarsi ad essere più civili, purtroppo la situazione immondizia è molto grave, e adesso il caldo peggiorerà le cose. Io ho visto che grazie alla compostiera ho ridotto tantissimo la produzione di rifiuti (almeno della metà), è pure utile per chi non ama andare a buttare l’immondizia, si riducono di tanto i viaggi dotati di sacchetto maleodorante verso i cassonetti puzzosi.

Purtroppo da un po’ non ho la macchina fotografica e quindi mi sarà difficile far vedere le tante bellezze che ci circondano, un consiglio però per chi è in zona, il primo è visitare Carini, dove c’è il bellissimo castello (quello della baronessa di... Carini, ovviamente!) e poi la pineta di Balestrate (vicina ad una bella spiaggia anche se molto affollata), dove però non c’è nemmeno un pino, ma tanti eucalipti (ma perchè allora la chiamiamo pineta? misteri nostrani). Magari mi faccio prestare una machina fotografica e faccio un post su questi posti!

Ultima cosa, e già chi ha avuto la pazienza di arrivare a leggere tutto ciò meriterebbe un premio! Sulla rubrica “Sicilia in tavola” su blog di cucina è stato pubblicato un nuovo post su un dolce tipico di Terrasini. Mi sono appellata a tutti i blogger siciliani per arricchire la rubrica che curo, mi piacerebbe che non ci fossero solo le mie ricette palermitane, ma anche quelle di altre città della Sicilia e così rinnovo il mio appello anche qui, mandatemi via mail le vostre ricette tipiche (con foto) che io presenterò con una introduzione e certamente citerò la fonte di provenienza. Ho già avuto delle adesioni e la prima incredibilmente mi è arrivata proprio da una blogger di Terrasini, Fabiola, troverete quindi su blog di cucina la sua ricetta presentata da me!

Infine, ecco qui un piccolo nido che abbiamo involontariamente trovato tra le piante rampicanti,
abbiamo cercato di non disturbare e così la mamma capinera ha continuato a curare le sue uova
che ora sono diventate dei piccoli uccellini che crescono bene, che bella la natura!
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