sabato 29 maggio 2010

Terrasini un luogo da amare



E’ un pò difficile per me parlare di Terrasini da un punto di vista turistico perchè io al momento abito in questa graziosa cittadina, e non la vivo né da oriunda né da visitatrice. Non sono integrata pienamente nel paese, non conosco i nomi delle strade e non mi oriento del tutto (ma questo mi succedeva pure a Palermo, sono distratta e sempre soprapensiero), non conosco tutti i negozi, conosco pochissime persone del luogo, ovvero i miei parenti (e nemmeno tutti), alcuni frequentatori assidui del panificio di un mio cugino (ormai so pure il tipo di pane che alcuni preferiscono), il fruttivendolo ambulante dal nome disneyano Orazio, i miei confinanti gentili pescatori, e poi c’è il bar del viale di Cinisi che fa un ottimo caffè, ed il negozio di alimentari dei familiari di Peppino Impastato e qui si chiude la cerchia. Quindi non mi posso definire una vera abitante del posto, ma nemmeno mi vedo come una turista, perchè se tale fossi, già avrei visitato i musei e sarei andata al mare, ed invece, come spesso capita a chi vive in un luogo da sempre, ancora non ho fatto nulla di tutto ciò.
Di Terrasini posso parlare come un luogo di ricordi e di presente.

I ricordi sono legati alla casa in cui vivo il mio presente, ma non solo. Piccoli flash di infanzia. Una spiaggia divisa tra due paesi, una spiaggia che potrebbe essere più bella di quanto è se solo fosse tenuta bene. Una spiaggia dove mi atteggiavo ad awaiana grazie al mio gonnellino e ad una collana di rafia verde (era la moda di quei tempi, poco meno di trent’anni fa), degli scogli gialli poco distanti ai quali raramente mi avvicinavo.


E poi c’è una delle mie prime gite scolastiche allo zoo di Terrasini che adesso non c’è più, con la mia maestra e tutti i miei compagni, la mitica colazione a sacco, il caro panino con la frittata, la prima macchina fotografica e la paura ma la voglia di avvicinarsi ai leoni in gabbia ed un piccolo sogno, quello di immaginarli liberi nella loro terra.
E poi la visita al museo di carretti siciliani che ancora esiste,


una meraviglia di colori, di storia, ti tradizioni della nostra terra e l’orgoglio di trovarvi i carretti di uno zio di mio nonno di cui posseggo un quadro con una delle tipiche scene dei paladini.

E poi il panorama, un panorama mozzafiato, sconvolgente, emotivo, quello di Cala Rossa, una scogliera dal colore del sole al tramonto, il mare increspato e l’infinito davanti.


Poi ci sarebbero altri infinti momenti familiari, i fichi distesi sotto il sole come bagnanti rinsecchiti, l’odore acre dell’estratto di pomodoro, la raccolta delle lumache ed il successivo rimpianto di vederle cucinate, un semplice pallone supersantos per divertirsi e tutto ciò che da bambini si fa in campagna.


Poi arriva l’adolescenza e tutto questo sembra annoiare, si trovano le proprie strade autonome, i propri interessi e passioni, forse solo in età matura si riapprezzano nuovamente certe cose con una coscienza diversa.

Terrasini ha un nome che nulla ha a che fare con gli asini, la spiegazione è di certo più romantica, si riferisce a un golfo (sinorum), quello di Castellammare, oppure alle sue insenature (sinus, e scusate se non declino correttamente dal latino) ed oggi è una cittadina che ha molto da offrire, perchè è forse una delle più belle della costa palermitana.


C’è il mare, e non è tanto la spiaggia (in realtà ce ne sono due, quella chiamata “di San Cataldo” la devo ancora scoprire) che potrebbe essere più curata, quanto la scogliera meravigliosa, sia sul lungo mare (con i faraglioni)


che Cala Rossa dai colori cangianti, rosso fuoco, e bianco scintillante,


ed i tanti accessi al mare in luoghi adatti a chi ama gli scogli, dall’effetto davvero suggestivo.


Terrasini è anche interessante da un punto di vista culturale.


Nel bel Palazzo D’Aumale c’è un museo che ospita collezioni archeologiche, etnoantropologiche e naturalistiche.



La sezione etnoantropologica è quella che vidi io da piccola, con i carretti siciliani d’epoca, in quella naturalistica che in effetti visitai in quello stesso frangente ho un ricordo di insetti, uccelli, rettili di vario genere (certo dovrei ritornarci per averne un idea più nitida), e quello archeologico dove c’è una raccolta di tutti i ritrovamenti fatti sia in mare che nelle campagne (spero di scoprirlo presto).

Terrasini è strutturata in modo molto gradevole anche al suo interno, le vie sono carine, tanti negozi e le case spesso ristrutturate, rifinite e adornate con fiori (cosa rara in Sicilia) c’è una bella ed ampia piazza con molti luoghi di ristoro ed un bel Duomo,



una piazzetta limitrofa con un giardino, un anfiteatro sul lungomare dove d’estate si svolgono rappresentazioni teatrali e varie iniziative di divertimento, un parco giochi per i bambini.

All’esterno del paese, verso il mare ci sono le 4 torri di avvistamento Torre Alba, Torre di Capo Rama, Torre Paternella, Torre di contrada San Cataldo. La più antica quella di Capo Rama, inserita in una riserva naturale selvaggia e affascinante, costruita nel XV secolo per avvistare le imbarcazioni dei pirati,


la più bella (secondo me) che spero di poter visitare più approfonditamente, la Torre Alba a picco sul mare e immersa in un giardino.

E poi c’è tanto altro, una villa liberty dove si raggruppò una comunità hippy negli anni settanta (è citata anche nel film i cento passi) e la sede di radio aut di Peppino Impastato. Poi ci sono le sagre, la “festa delli schietti” che è stata ad Aprile e tanto altro.


C’è poco da lamentarsi mi direte, una cosa per ora, il paese è sporco a causa del nostro solito problema dell’immondizia, discariche chiuse e inesistente raccolta differenziata, è un vero peccato che tutte queste bellezze siano adornate dai soliti sacchettini multicolor, mi auguro che noi siciliani possiamo stancarci di questo per iniziare un rinnovamento culturale, di pensiero, di civiltà per difendere il patrimonio meraviglioso che c’è ed anche la nostra stessa salute.

Insomma malgrado questo Terrasini merita di essere visitata e scoperta, c’è tanto da scoprire, tanto che non avrei potuto elencare o descrivere, ma basterebbe anche solo avere la fortuna di osservare lo splendido tramonto a picco sul suo mare, un emozione indescrivibile.




p.s. mi scuso per le lunghe assenze ma ho una connessione lentissima

sabato 15 maggio 2010

Le "finte" vope con cipolla all’agro dolce



Il titolo di questo post, non ha niente a che fare con quei tipici piatti palermitani che hanno la caratteristica di essere preparati con ingredienti poveri mimetizzati per somigliare ad altri cibi di maggiore pregio, il più classico esempio le sarde a beccafico dove i beccafichi (uccelletti) non ci sono ed il loro posto è preso dalle sarde.

Le vere vope (in lingua italiana si chiamano boghe) sono dei pesci molto comuni nei nostri mari, che non da tutti vengono apprezzati perchè vanno consumati freschissimi e devono essere subito private delle viscere vista la loro caratteristica di andare subito a male, in più se non vengono pescate in mare aperto, ma vicino un porto, potrebbero assumere un sapore spiacevole visto che si tratta di pesci onnivori. A Palermo le vope però sono amatissime, sarà che il pesce qui è sempre fresco e che si cucinano con la cipolla ad agro dolce, un condimento che le rende davvero gustose.
Nel caso di questa mia ricetta, le vope sono “finte” solo “per merito mio”, che sono una palermitana doc, ma di tipo anomalo e come tale di pesci non ne capisco proprio niente.

Ma iniziamo dai motivi che mi hanno portata a fare questa ricetta.
Un gentilissimo vicino di casa che di mestiere fa il pescatore, un giorno ci chiama agitando amichevolmente uno scolapasta colmo di pesci. Il regalo è super gradito (tra l’altro i pesci sono già puliti, il che è per me motivo di grande riconoscenza verso il buonuomo che mi ha evitato un compito che non amo tanto svolgere). Tutta presa dalla gioia di questo inaspettato omaggio, ringrazio calorosamente il vicino ma non trovo nè il tempo (lui deve scappare perchè ha i suoi pesci sulla griglia), nè il coraggio (non voglio apparire ignorante in materia o diffidente di fronte ad un gesto così gentile) di domandare di che tipo di pesci si tratti. Così fingo completa consapevolezza e porto il mio bottino in cucina. Poco dopo i dubbi cominciano ad impadronirsi di me, si può proprio dire che non so che pesci pigliare! La domanda principale è: “ Come li devo cucinare?”

Ammetto che sono un tantino problematica, ma è anche causa del mio gene palermitano che mi spinge a cercare la ricetta “corretta” per preparare ogni cosa. Perchè noi palermitani siamo un pò rigidi in cucina, abbiamo delle regole tassative da seguire. Se sono sarde devono essere fatte a beccafico o con il maccheroncino e il finocchietto, se sono seppie si fanno con la pasta all’omonimo nero, se è neonata si preparano le frittelle, gli sgombri invece vanno arrostiti, il merluzzo bollito con olio, limone e prezzemolo e le vope...vanno fritte e condite con la cipolla all’agrodolce.

Io osservo bene i miei pesci e stabilisco che si tratta di vope, ne sono proprio sicura anche se crude non le ho mai viste prima, diciamo che più che cucinarle solitamente mi diletto a mangiarle.. già pronte. L’unico dubbio alla mia diagnosi è dato dal fatto che il vicino le stava cucinando alla brace, ma lui non è palermitano, sarà per questo che si permette una tale libertà.
Il mio gene palermitano mi impedisce di arrostirle e mi spinge a friggere le mie vope da brava pariddara (persona dedita alla frittura) quale di solito non amo essere...

Dopo schizzi di olio da tutte le parti che mi rendono molto simile ad una vopa, preparo il mio bel piatto ed invito i miei genitori a gustarlo. Non appena presento con orgoglio palermitano la mia opera d’arte, un coro improvviso dice: “ma queste non sono vope, sono paolotti e si fanno arrostiti!”. Ammetto che non conoscevo nemmeno l’esistenza dei paolotti, e scopro di aver involontariamente sfidato ogni canone della cucina palermitana doc, preparandoli a mo di vope...
Bé, non sempre si riesce ad essere coerentemente palermitani!
Il risultato finale era comunque ottimo, graditissime da tutti, ma ribattezzate ironicamente “finte vope con cipolla”.

Ed ora la ricetta:



Ingredienti: 1 kg di vope, tre cipolle medie, farina, mezzo bicchiere di aceto di vino; un cucchiaino di zucchero, olio di semi per friggere; sale; olio di oliva.

Preparazione: pulire i pesci, togliere le interiora, sciacquarli ed asciugarli bene, infarinarli e friggerli in abbondante olio di semi . Porli in un piatto coperto da carta assorbente, e far raffreddare. Affettare le cipolle sottilmente metterle in un tegame con abbondante olio evo e farle imbiondire a fuoco lento. Quando saranno appassite versare mezzo bicchiere di aceto, aggiungere il cucchiaino di zucchero e un pizzico di sale. Cuocere per una decina di minuti a fuoco bassissimo. Fare raffreddare le cipolle e versarle insieme al loro brodetto sul pesce fritto. Questo è un piatto che si mangia freddo.

sabato 8 maggio 2010

9 Maggio in ricordo di Peppino Impastato


Della Sicilia, come di altri luoghi, si può parlare in tanti modi, c’è chi dice che parlando delle cose negative le si fa un torto, le si fa pubblicità negativa, non si promuove il turismo, “il turismo si muove solo per vedere le cose belle”, ma cosa è il turismo? Si tratta di esseri umani che vanno a conoscere un luogo, allora il turismo può diventare più consapevole, perchè un luogo è fatto di tante cose. Chi critica e divulga gli aspetti negativi della propria terra, lo fa con amore, perchè questa diventi migliore.


In Sicilia ci sono tante bellezze, località marittime note per le spiagge e le coste rocciose, piccoli paesi di montagna ricchi di fascino, campagne aride che d’estate sembrano tappeti gialli o marroni posti di proposito a farsi guardare solo dal sole, montagne tanto ricche di vegetazione che non sembra nemmeno di essere in Sicilia , c’è un vulcano, ci sono città ricche di arte e di storia. E poi ci sono posti che sono simboli, luoghi che belli lo sono diventati perchè qualcuno li ha resi tali, riempiendoli di significato e luoghi che magari non erano nè belli nè brutti, ma sono diventati orribili perchè vi si respira tanto dolore. C’è Portella della Ginestra, c’è un tratto di autostrada che va dall’aeroporto a Palermo e fa ancora male percorrerla, ma c’è anche Via Notarbartolo a Palermo col suo albero carico non solo di foglie, ma anche di messaggi di speranza, e c’è anche Cinisi. A Cinisi vi si trova una casa piccola, semplice, si chiama “casa memoria” per ricordare una madre e soprattutto un figlio che si chiamava Peppino.


Peppino è stato ucciso il 9 Maggio del 1978 dai mafiosi del suo paese. Durante la sua breve vita ha lottato per rendere migliore la Sicilia, lo ha fatto con la politica, con la cultura, con la satira, tramite la sua radio e schierandosi contro i luoghi comuni. E’ stato denigrato in vita e subito dopo la morte, ma continua a vivere in chi non ha perso la speranza.

Ogni anno il 9 Maggio a Cinisi si ricorda Peppino Impastato.

mercoledì 5 maggio 2010

Topo di città, topo di campagna



Come molti già sanno sono nata e cresciuta in una città, e tra l’altro trattasi di Palermo, città particolarmente caotica, che per noi “del luogo” è la Città per eccellenza, il centro del Mediterraneo, Panormus, città “tutto porto” che per anni è stata anche la capitale di un impero...sarà per questo che per i palermitani, “tutto il resto è paese e solo Palermo è città” .

Devo però ammettere che malgrado le dimensioni ed il numero di abitanti molto elevato non sempre a Palermo la mentalità è del tutto cittadina, ad esempio può capitare che in alcuni quartieri “tutti sanno tutto di tutti”, magari non lo sai, ma scopri per caso che i vicini di palazzo hanno seguito i tuoi movimenti, non certo nel senso di spionaggio, ma che con modi apparentemente distratti hanno capito chi sono i tuoi parenti, i tuoi orari, i ritmi di vita, etc.
Ci è capitato, e questo è solo uno dei tanti esempi, che una anziana vicina di casa, dall’udito strepitoso, ci dicesse: “ho capito che stava uscendo perchè mi metto al balcone e sento quando lei dice –sto tornando- “... e giuro che noi generalmente parliamo a bassissima voce.

Digressioni a parte, sono sempre stata in città, tra lo smog e i palazzi alti, l’asfalto ed il grigiume, i monumenti imponenti e le aiuole prive di vegetazione, tra i rumori di clacson e quelli dei motorini per l’acqua. Con la campagna solo qualche contatto durante le gite domenicali o le vacanze. Non posso, per fortuna, dire di essere stata una di quelle bambine a cui chiedevano di disegnare un tonno e ti disegnavano la scatoletta del nostromo, perchè grazie alle tante gite in famiglia, ho avuto modo di vedere animali veri e piante non di plastica, però durante le scampagnate sono stata sempre un po’ restia alle api o vespe, ed a casa ho solo coltivato qualche pianta grassa che poteva entrare nel mio piccolissimo cortiletto.

Adesso la cittadina doc si è trasferita in campagna ed ha scoperto un nuovo mondo. Le api e le vespe non mi disturbano, anzi è capitato che un giorno un’ape volesse attingere alle mie urbane terga, e a Massimo che tentava gentilmente di scacciarla, ho esclamato stupendo anche me stessa: “attento che sono in via d’estinzione!”.
E poi ho cominciato ad affondare le mie mani nella terra. I primi risultati pessimi, ho piantato dei semini di basilico, innaffiandoli con amore e andandoli a visitare tutti i giorni aspettando i germogli, dopo tanti giorni ho scoperto che stavo coltivando erbacce di vario tipo, ma nessuna traccia di basilico.

Finalmente però aiutati da un cugino esperto in materia, abbiamo piantato pomodori,
cetrioli
e melanzane,
e poi basilico (questa volta in piantine),


prezzemolo,


menta


e dei semini di salvia (speriamo bene!).
Poche piante perchè tutto lo spazio che abbiamo è alberato e troppo ombroso, ma si vedrà.

Durante la piantagione siamo stati letteralmente assaliti dalla zanzare, ma della loro estinzione ammetto non mi preoccupo tanto...

Per l’orticello abbiamo prima preparato i “vattali”, non so se è un termine siciliano o meno, so che sono delle file di terra ammonticchiata (dove vanno messe le piantine) separate da grandi vasche (sempre di terra) dove si farà andare l’acqua di irrigazione.

La zona deve essere soleggiata e dovrò innaffiare, per la prima settimana, ogni sera, poi un giorno si ed uno no. Se tutto va bene in un mese si dovrebbero vedere i frutti o meglio, gli ortaggi.


La campagna è bella e rilassante, c’è profumo di fiori


e di erba bagnata, sento solo il suono del canto delle capinere e delle tortore, vedo ulivi, limoni,


viti, un albicocco e un nespolo,


i ritmi sono lenti e rilassanti, l’attesa di vedere nascere un germoglio, metafora della vita, e di scoprire una nuova foglia o un frutto. Mi lascio abbracciare dal sole tiepido di questa primavera ed osservo il cielo azzurrissimo, libero dai palazzi, dalle antenne...
Vabbè ogni tanto andrò di certo a Palermo a disintossicarmi da tutte queste amenità respirando un po’ di aria pura di città, perchè forse lo smog, il traffico ed i rumori sono come la nicotina, fanno male, ma creano crisi di astinenza!
p.s. su blog di cucina c'è già la mia prima ricetta, non poteva che seere "A pasta chi sardi"

sabato 1 maggio 2010

Primo Maggio, festa dei lavoratori. E poi una nuova rubrica su Blog di cucina.

Oggi scrivo per due motivi.

Uno mi riguarda personalmente e mi ha fatto molto contenta in questi giorni.
Su Blog di cucina c'è una nuova rubrica che sarà curata da me. Di cosa si tratta? La risposta è semplice, non potevo che occuparmi della cucina siciliana! La rubrica si intitola infatti "La Sicilia in tavola".

Oggi su Blog di cucina è stata pubblicata la presentazione della rubrica e prossimamente sarà on line la prima ricetta. Spero tanto che vi piaccia!

Approfitto qui per ringraziare lo staff che cura questo bellissimo aggregatore, fatto da persone appassionate, simpatiche e molto gentili!

Per tutti i blogger siciliani, sono super graditi i vostri suggerimenti in materia!

Il secondo motivo (ma non per importanza, anzi...) è che oggi è una data di grande valore, Il Primo Maggio, quella che viene considerata la "festa dei lavoratori".

In Sicilia e non solo, durante questa giornata c'è chi approfitta del giorno di vacanza e del bel clima per andare a fare una scampagnata e se riuscirò, prima o poi scriverò un post sulle scampagnate in vesione palermitana doc. Poi c'è anche chi va a manifestare, ed in Sicilia esiste un luogo in cui il primo maggio assume un significato ancora più grande: Portella della Ginestra, dove nel 1947 durante una manifestazione di contadini, per l'occupazione delle terre, vi fu una strage, in tanti avevano interessi a zittire quelle voci.
L'anno scorso ho scritto questo post su quello che è un luogo bellissimo e ricco di significato.



Quindi un abbraccio a tutti ed in particolare ai disoccupati, ai precari, alle vittime sul lavoro, agli sfruttati, a chi è emigrato e chi è immigrato in cerca di lavoro e di fortuna e a tutti quelli che vogliono una vita migliore non solo per sè, ma per tutti.
Un saluto dalla bellissima Terrasini

Evelin
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