venerdì 14 agosto 2009

Una giornata al mare. Il “villino”: il Ferragosto Palermitano doc.

Il Ferragosto rappresenta l’apice della vacanza del palermitano doc. Soprattutto negli anni in cui non era di moda andare in vacanza, magari nei villaggi turistici (luoghi che meriterebbero un post a parte), e comunque assentarsi per giorni dalla città. Oppure quando risultava difficile anche recarsi tutti i giorni al mare, in tempi in cui l’automobile era ancora un mezzo di lusso, dovendo così usufruire della mitica motoape (che ben si riciclava da strumento di lavoro a strumento di svago) o dei mezzi pubblici (cosa non facile nemmeno oggi).
Il Ferragosto diventava quindi l’unico giorno in cui tutte le famiglie si riunivano e si organizzavano per uscire e trascorrere una giornata intera al mare.



Molti scrittori della mia città hanno raccontato la tipica gita a mare dei palermitani doc, che dotati appunto di motoape, caricavano tutta la famiglia, compresi almeno cinque “picciriddi” (bambini), perchè all’epoca le famiglie erano molto numerose, i “nannò” (il nonno, spesso abbigliato con pantaloncini, canottiera intima bianca a costine, calzini bianchi, sandali ai piedi e coppola di paglia. E la nonna, quasi sempre una signora anziana e corpulenta, vestita con prendisole fiorato, che veniva piazzata per tutto il tempo sotto un ombrellone su una sedia a sdraio, dalla quale non si alzava mai), e tutta una serie di attrezzature che andavano da sedie a sdraio, ombrelloni, tende per il cambio costume, tavolini, sedie, teglie di pasta al forno, salsiccia,
uova sode, vino e la mitica anguria che non poteva mai mancare.Tutto questo nella moto ape e spesso in direzione di Mondello.

Adesso questo può ancora succedere, ma di certo è un fenomeno meno diffuso che nel passato.

Un altro particolare fenomeno tipico palermitano, si sviluppò intorno agli anni ’80.
Ci fu una sorta di boom, una nuova moda.
Tutti dovevano avere il “Villino”. Era un vero status simbol. Era l’obbiettivo di tutte le famiglie palermitane, il sogno di tutti, la meta unica da raggiungere, il simbolo della propria realizzazione sociale.

Ma cosa è di preciso il “Villino”? Potremmo pensare che si tratti appunto di una villa al mare.
Non è propriamente così. C’è una “sottile” differenza tra la villa e il “Villino”.

La villa è per i “ricchi”, è elegante, magari dotata di piscina, può essere una prima abitazione o una seconda casa in un luogo ameno.
Il villino è per “tutti”.

Per avere il villino in primo luogo bisognava acquistare “u terrienu” (il lotto di terra). Non importava bene dove, dipendeva dal proprio portafogli. Magari era in una campagna assolata, lontano dal mare, su lande sperdute simili alla steppa, su montagnole prive di alberi e vegetazione, l’importante era avere un proprio terreno.
foto Jan-Luc Moreau

Spesso si abitava in città in una casa in affitto, piccola e povera, ma quando si poteva costruire il proprio villino, ci si sentiva realizzati.

Poi si cominciava la costruzione, spesso abusivamente, figuriamoci il piano regolatore, l’armonia con il panorama, o tutte queste altre “piccolezze”. La parte esterna, nella maggior parte dei casi, non veniva mai rifinita.
L’importante era alzare le proprie ambite quattro mura. La costruzione era variabile, magari si cominciava con una stanza e poi nel tempo ci si allargava.
L’arredamento era sempre ed esclusivamente realizzato con tutto il “vicchiume” (roba vecchia) che nella casa di città non ci entrava più. Cucine vecchie di cent’anni, la camera da letto ereditata dai nonni, divani rattoppati, i piatti “spizzicati”, le bomboniere ( merce di scambio di matrimoni, comunioni, battesimi) erano il tocco finale per abbellire il tutto, peccato che generalmente si trattava di oggetti orribili e di cattivo gusto che nessuno penserebbe mai di esporre, nemmeno sotto tortura.
Insomma tutto ciò che doveva essere buttato, prima passava sicuramente dal villino.

Altra domanda che sicuramente potrà venire in mente è: “ ma se per lo più i villini erano abusivi, da dove prendevano l’acqua e dove scaricavano?”.
Niente di grave, per l’acqua venivano utilizzate delle figure professionali di scientifica affidabilità, i rabdomanti, che dotati di fatato bastoncino, trovavano le falde acquifere, quasi sempre fonti preziose di acqua salata o inquinata, anche perchè le fogne venivano realizzate se andava bene nelle fosse imhoff, o per lo più scaricando all’aperto.

Poi certamente c’erano villini più o meno belli, ma averne uno era già una grande soddisfazione.

In questi casi, quando arrivava il tanto atteso Ferragosto, tutte le famiglie si riunivano nel villino di un proprio fortunato parente, e lì trascorrevano tutta la giornata arrostendo carne e salsiccia,
mangiando pasta al forno, bevendo vino fatto in casa, cantando a squarcia gola, giocando a carte, lasciando liberi i bambini di sporcarsi, e se era il caso, imbastendo qualche “sciarria” (lite) familiare che, aiutata dagli effluvi del vino, ci stava sempre bene.

Negli anni a seguire, la moda del villino è un pò scemata, forse perchè in molti, dopo anni di sacrifici per costruirne uno, vedevano i propri figli ribellarsi di fronte alla possibilità di trascorrere la propria vacanza in codesti luoghi, preferendo a quel punto recarsi con il proprio motorino alla spiaggia di Mondello insieme ai propri amici. O forse per la nuova moda di andare nei villaggi turistici, o forse perchè ormai ce l’hanno già quasi tutti, o forse per la crisi economica.

Il Ferragosto, ancora oggi, viene comunque trascorso nel solito modo. I più giovani trascorrono la notte facendo i falò in spiaggia.
Le famiglie passano l’intera giornata al mare.
foto Jan-Luc Moreau

Adesso però molte persone possono effettuare spostamenti più lunghi con la propria automobile, recandosi quindi in spiagge più grandi e belle.
Ricordo con tenerezza, una signora, che in tutta la sua vita aveva visto solo il mare di Mondello e di Sferracavallo.
Quando, un giorno di Ferragosto di alcuni anni fa, con tutta la sua famiglia, per la prima volta, si spostò verso Trappeto (a metà strada tra Palermo e Trapani), dove c’è una grande spiaggia e il mare aperto, ritornando a casa, con entusiasmo e stupore disse : “Quello non era mare, era Oceano”.

martedì 11 agosto 2009

Porto Palo di Menfi, natura selvaggia



Visto che ancora siamo nel pieno centro dell’estate, ho voglia di raccontare di un’altro luogo marittimo che amo molto. Questa località è meno nota e turistica rispetto ad esempio a San Vito Lo Capo, anche se è stata insignita anche quest’anno della Bandiera blu.


Si tratta di un piccolo paese di pescatori del sud della Sicilia, ad un’ora circa di distanza da Palermo. Il suo nome è Porto Palo di Menfi, in provincia di Agrigento, al confine con la provincia di Trapani.
E’ un luogo dove ho trascorso diverse vacanze durante l’adolescenza e qualcuna anche di recente.
Il mio unico rammarico è non aver fatto in tutti questi anni molte foto, come questo luogo meriterebbe, ma spero di rimediare.


Partiamo da Menfi, il paese in collina poco distante dal centro marittimo. Siamo nella Valle del Belice, nota purtroppo per essere stata colpita nel ’68 da un terribile terremoto che distrusse moltissimi paesi. Anche Menfi subì grandi devastazioni, ed è terribile vederne ancora oggi, dopo più di quaranta anni, i segni che si esprimono soprattutto nell’esistenza di baracche in lamiera ancora abitate, e in una parte periferica della città caratterizzata da costruzioni “moderne” spesso di cattivo gusto. Ma il paese di Menfi fu ricostruito, il centro storico è piacevole ed esistono ancora palazzine antiche in ottime condizioni e monumenti storici, quali la Chiesa Madre (1662) ed il Castello Svevo (1238). Peggiore sorte subirono altri centri tra cui Gibellina, Poggio Reale che non furono ricostruite in loco, ma “abbandonate” (o nel caso di Gibellina, ricoperta da una colata di cemento) e rifatte ex novo in altri luoghi, risultato: delle orribili New Town.

Menfi è un centro vinicolo di grande importanza, vi sono immense coltivazioni di vite e diversi stabilimenti che possono anche essere visitati.

Ma torniamo al luogo di mare, Porto Palo e l’adiacente Lido Fiori.
Il Paese di Porto Palo si sviluppa (poco, perchè è davvero piccolo) intorno un’altura sovrastata da una torre di guardia costiera del 1583
ed intorno al porticciolo molto bello. Adiacente al porto c’è una spiaggia immensa, sia in larghezza che in lunghezza (si potrebbe quasi arrivare a Sciacca senza mai smettere di camminare sulla sabbia).
Il mare è pulito, cristallino e l’acqua sempre bassa, anzi è piacevole scoprire almeno due secche dove ristorarsi dopo una lunga nuotata.


L’acqua del mare è particolarmente fredda, anzi in alcuni periodi dell’anno quasi congelata, io adolescente impavida, osai a fare un bagno a Giugno ed i miei piedi si... atrofizzarono. Ora l’acqua fredda, può spaventare qualche bagnante, ma in realtà secondo me, la natura qualche volta coscienziosa, sembra aver creato un mare così fresco per ristorare dal caldo torrido africano del sud della sicilia. Quell’ acqua infatti dona beneficio, riossigena, ritempra, migliora la circolazione del sangue e soprattutto dona un forte senso di mare pulito e aperto.


La sabbia è di un colore giallo intenso, così tutto intorno appare come ricoperto da una polvere dorata e luccicante.


Se, nella spiaggia adiacente al centro abitato, vi sono i soliti lidi con ombrelloni e lettini, la cosa sorprendente e piacevole, è data dall’esistenza di due luoghi che a noi particolarmente graditi.

Il primo è il Lido Fiori, che è una zona residenziale poco lontana dal centro, dove c’è una spiaggia libera incredibilmente selvaggia e poco frequentata (se non nelle domeniche di Agosto).


In questa lunga spiaggia dorata, preceduta da boschetti di macchia mediterranea,


esistono tuttora le dune di sabbia,


questo fenomeno dona all’ambiente un aspetto incontaminato, accentuato maggiormente dalla presenza dei gigli selvatici, che come per magia fuoriescono dalla sabbia, assolata e apparentemente priva di vita, dando all’animo di chi lo vuole cogliere (in senso metaforico) un senso di speranza.

Il lido fiori è un luogo molto tranquillo, dove si può godere della natura e del mare,


dove a volte ci sembra di trovare confusione se vediamo persone sdraiate a cento metri di distanza da noi.


Non ci sono le tipiche attrezzature da spiaggia, tutto è libero. Vicino alla spiaggia ci sono solo delle villette, un campeggio, un piccolo negozio di alimentari e due grandi spiazzali con una chiesetta e un bar molto alla buona, dove solo ad Agosto si possono trovare le bancarelle degli ambulanti ricche di tessuti ed abiti estivi.

La sera tutto è silenzioso, si possono fare delle bellissime passeggiate, per chi ama la vita romantica è ideale, per chi ama la vita più movimentata, può apparire noioso, ma in questo caso si può rimediare andando nel poco distante centro abitato di Porto Palo, dove invece ci sono alcuni locali, nulla di particolarmente pretenzioso, sempre posti semplici e tipicamente estivi, che forse un po’ per rievocare la riviera romagnola, ma solo da un punto di vista semantico, hanno dei nomi “tipici”, non manca ad esempio l’onnipresente Hotel Miramare o il lido La Sirenetta!


L’altro luogo degno di nota e meno conosciuto è la zona delle Solette. Dal lato opposto del Lido Fiori, e quindi nella direzione di Selinunte, partendo dal porto c’è un piccolo sentiero che porta in una bellissima baia, circondata da dune di sabbia e argilla, fiori e piante selvatiche, e scogli dal particolare colore bronzeo, bagnati da un mare cristallino e verde smeraldo. Tutto molto suggestivo. Se si potessero attraversare queste belle rocce, si arriverebbe direttamente alla vasta e stupenda spiaggia della riserva naturale di Marinella (Selinunte), alla foce del Belice, che dalle Solette si riesce a vedere. In realtà sulle colline ci sono dei sentieri che potrebbero raggiungere questa spiaggia, ma attraversano terreni privati e nessuno mi ha saputo spiegare come arrivarci a piedi. L’unica soluzione finora da noi trovata è quella di andare in macchina a Marinella di Selinunte (circa 15 minuti di distanza), per poter scoprire così questa riserva dove un bosco alberato precede la spiaggia.

L'unico difetto che posso riconoscere a questi luoghi così ameni è che non c'è una grande organizzazione e cura del tutto e pochi servizi (come parcheggi, navette ecologiche, docce, pulizia costante di strade e spiaggie, indicazioni, etc). Sarebbero località da valorizzare maggiormente per far sviluppare un turismo responsabile, perfetto per chi ama la natura e anche per percorsi enogastronomici. Temo che negli anni si sviluppi solo un turismo d'assalto, che generalmente tende solo a distruggere e sporcare, cosa che credo, non siano comunque pronti ad affrontare e gestire. Insomma l'amenità del luogo è data esclusivamente al dono che la natura gli ha fatto, l'intervento umano è ancora tutto da misurare.

Da Porto Palo si raggiunge facilmente Selinunte, con i suoi siti archeologici e una cittadina molto turistica, dal lato opposto, sempre in 15 minuti circa si raggiunge Capo San Marco e la splendida città di Sciacca, dove tra l’altro è molto bello anche il mercato ittico.

Da non perdere in tutta la zona è la tabisca saccense, una pizza ovale che viene servita in taglieri di legno, molto croccante, condita con pomodoro, cipolla, acciughe.

A Porto Palo ho trascorso splendide vacanze, immersa nella natura e nel mare. Ho visto dei fenomeni strani (non so se è stata una casualità), come la nebbia calda sulla spiaggia, talmente fitta da non vedere nemmeno a un palmo di mano. Abbiamo fatto un bel giro in una piccola barca, in un mare piatto come una tavola, grazie al gestore del b&b in cui ci trovavamo, che ci ha trasportati, mostrato le Solette dal mare, che ci ha raccontato di una villa dove il proprietario alleva strani animali e ci ha incoraggiati a pescare con il metodo “del cucchiaino”, ovvero tirando avanti e indietro una lenza, non prendendo assolutamente nulla e facendoci delle gran risate.


Abbiamo passeggiato nella spiaggia di notte. E' stato bellissimo ai Fiori, un po’ traumatico a Porto Palo, dove in una atmosfera alla “Mission Impossible”, una sorta di laser appartenente ad un lido, ha segnalato il nostro “furtivo” passaggio, un faro ci ha illuminati a giorno, un cane da guardia pastore tedesco (per fortuna in questo caso legato) ci si è avventato contro come se volessimo rubarci un ombrellone e un paio di lettini... e pensare che io odio questi oggetti così tanto ambiti e custoditi.


Le più belle cene quelle nello stesso b&b (Villa Fiori beach) dove alloggiavamo, dove c’è anche un piccolo ristorante gestito dalla famiglia molto gentile, indimenticabili i ravioli di cernia.
Una buona pizza al lido della Sirenetta, a Sciacca consigliamo invece la pizzeria “lo Steripinto” davvero superlativa. A Capo San Marco, che si trova tra Porto Palo e Sciacca, abbiamo trascorso una serata indimenticabile in un lido-palafitta di legno sulla spiaggia e mangiato un’altra ottima pizza, ma purtroppo non so il nome del locale, e non so nemmeno se riusciremmo a trovarlo di nuovo, perchè avevamo attraversato tante stradine prima di trovarlo.

La gente del luogo è generosa e disponibile, ma forse un po’ più diffidente rispetto ad altre zone della Sicilia, sarà perchè il turismo non è ancora un fenomeno molto diffuso, le spiagge infatti sono per lo più piene di siciliani in gita domenicale. Ma dopo il primo timido approccio, come si può immaginare, c’è tanta cordialità e affettuosità.

Link: Villa Fiori beach

giovedì 6 agosto 2009

Diario da un b&b. Piacevoli incontri.

Mi è difficile raccontare dei nostri ospiti.
I motivi sono diversi.

Primo non vorrei che sapendo che scrivo di loro, si sentissero troppo osservati e analizzati da una blogger amante della narrazione. Secondo perchè in sei anni sono stati tanti e tutti molto preziosi ed è difficile scegliere tra persone così interessanti e speciali. Terzo, per una questione di timidezza; parlare dei nostri ospiti significa anche parlare di noi, del nostro modo di relazionarci, della nostra vita, di aspetti positivi ed a volte anche di lati “imbranati” come quando parliamo in inglese sicilianizzato o quando non sappiamo rispondere a delle domande, inventiamo e poi confessiamo, etc. Quarto, perchè pur avendo iniziato a scrivere su questo blog proprio con l’intento di raccontare della vita da “bedandbreakfastari”, come scritto nell’intestazione, alla fine è stato per me inevitabile e naturale scrivere soprattutto della Sicilia e delle sue tradizioni. Quinto perchè pur essendo per noi molto interessante vivere la vita in un b&b, gli incontri casuali con gente così diversa e proveniente da tutto il mondo, non so se lo sia per chi legge.

Però ci sono momenti in cui si decide che malgrado tutto bisogna cominciare, oppure accade qualcosa e ti viene voglia di parlarne. Ed è così che oggi mi imbatto in questo nuovo post.

Incontri. Sempre casuali. La nostra vita è così. Suona il campanello, chi sarà sta volta? Una e-mail o una telefonata dicono tanto, ma mai quanto la conoscenza reale.
Saranno soddisfatti del b&b? saranno turisti felici e curiosi? Saranno giovani o anziani? Faremo una buona impressione?
Apprezzeranno il bagno?l’abbiamo “ristrutturato” noi due appena qualche giorno fa, pitturando in un momento di follia, con un caldo siculo da paura, con mio successivo sfogo allergico, non solo le pareti, ma anche le piastrelle (dotati di cementite, ducotone, vernice etc) con un colore blu nave ad effetto traghetto e arredandolo con i miei acquerelli (e so che in bagno si ha il tempo per apprezzare le cose, forse anche la mia arte...).

Ed è così che giorni fa, abbiamo conosciuto una coppia di spagnoli che sono stati a casa nostra per una settimana, ed è stata una piacevole compagnia.
Sempre allegri, curiosi, tra mille domande, hanno girato mezza Sicilia e li abbiamo un pò aiutati.
Le nostre chiacchierate sempre durante la colazione. Questo è un momento speciale per noi. Ci applichiamo nella nostra “psicologia da b&b” per capire come impostare questo momento.

Dopo aver preparato la tavola (Massimo lo fa con una perizia magistrale, quasi artistica), e comprato (sempre Massimo) brioscine al cioccolato, panini freschi ricoperti di sesamo, treccine ricoperte di zucchero, biscottini tipici (le reginelle), etc, entriamo in cucina e prepariamo caffè, latte, the (insomma le bevande calde), e lì cerchiamo di capire se gli ospiti hanno voglia di chiacchierare o di stare da soli. In questo caso dopo aver servito le ultime cose, con un bel sorriso ci congediamo, dicendo che se serve qualcosa, noi siamo nella stanza adiacente, e poi quando hanno quasi finito torniamo per sapere se necessitano di informazioni o altro.

Nel caso in cui (ed è il più delle volte) mentre prepariamo il caffè, coinvolti forse dal rumore familiare della moka, cominciano a farci domande, a raccontarci le loro giornate, rimaniamo con loro intrattenendoci in piacevoli conversazioni che hanno una variabile durata...
Gli argomenti sono infiniti, sicuramente partono dal caffè italiano e dalla sua preparazione, e poi subito Palermo, le sue bellezze da scoprire, il cibo tipico (pane e panelle, panino con milza, caponata, pasta con sarde, dolci etc), consigliamo i locali dove andare, gli autobus da prendere, i monumenti, poi c’è la Sicilia in generale, e qui ricerche e telefonate per i pulmann per Agrigento, Erice, Catania, perchè è sempre preferibile evitare il treno in Sicilia (ore e ore di viaggio). Poi si comincia a discutere dei modi di fare e di essere dei siciliani e dei palermitani, perchè per tutti è inevitabile l’argomento traffico, ospitalità, mafia, antimafia etc.

La discussione si fa ancora più particolare quando, soprattutto gli ospiti stranieri, ci chiedono della situazione politica italiana, perchè all’estero certe situazioni suscitano reazioni che vanno dalla ilarità, alla curiosità, allo sdegno. Altri argomenti vanno dalla religione (sempre gli stranieri sono incuriositi dal rapporto Stato-Vaticano), alla musica, all’arte. Altri ci raccontano di loro, come se fossimo esperti psicologi, ed altri riescono a farci parlare di noi (sta volta sono loro i gli analisti in erba), e poi ci sono momenti esilaranti, alcune volte è successo che Massimo abbia raccontato in italo-siculo- inglese delle barzellette (non so proprio quale strano meccanismo abbia fatto scattare ciò e come ci riesca), e gli ospiti magari Inglesi d.o.c. hanno riso e ripetuto battute in perfetto siciliano. Abbiamo mimato quando non trovavamo le parole (e non è facile imitare la milza senza vedere occhi sgranati guardarci con sospetto), abbiamo riso, pensato, condiviso.

Altre situazioni quando i nostri ospiti sono famiglie con bambini, in questo caso ci ritroviamo il tavolo della cucina ripieno di fogli per disegnare, colori, i nostri giochi ed i loro, intenti a disegnare e giocare. Due bambini olandesi e un’altra volta due Danesi ci hanno insegnato le parole nella loro lingua, con altri abbiamo giocato parlando in inglese (e con i bimbi e ancora più difficile). Non dimenticheremo mai, tra gli altri, Shannon e Connor del Kent,

disegno di Connor (all'epoca 6 anni)

il piccolo Andrei, il piccolissimo Ettore che aveva appena tre mesi (il più piccolo dei nostri ospiti), e poi c’è Ilaria che è praticamente cresciuta con noi (la conosciamo da quando aveva quasi due anni, ora ne ha cinque ed insieme ai genitori viene spesso a trovarci) e rimane sempre la nostra principessa e mascotte del b&b.

Ma dopo essermi dilungata in questo, ritorno agli spagnoli con cui tanto a lungo abbiamo parlato, loro amanti della lingua italiana, adoravano ascoltarci parlare, conoscitori del cinema neorealista e di Nanni Moretti. Apprezzavano come noi il film Terra e libertà, ridevamo insieme delle versioni spagnole delle canzoni italiane di Pausini, Ramazzotti, Nek, o di quelle di Julio Iglesias, e della nazionale Raffaella Carrà, icona anche da loro... abbiamo parlato di Mister B, Zapatero etc. Tra risate e non solo! Adesso sono partiti e devo dire che come spesso accade sentiamo la loro mancanza!
Ma se devo essere sincera, ci siamo a volte anche commossi per certe partenze...

Le ultime due ospiti invece ci hanno riservato una bellissima sorpresa. Sono state una sola notte, e dopo una bella chiacchierata a colazione, ci hanno detto che il nostro b&b era stato loro consigliato da una collega di lavoro, Stephanie.
Ma come non ricordarci di lei e di Erika che furono tra le prime ospiti di almeno 5 anni fa! Delle giovani francesi con sangue spagnolo, trapiantate in Inghilterra. Sono state a Palermo per molti giorni e con loro quasi per magia è scattata l’amicizia.
Noi stiamo abitualmente con gli ospiti solo a colazione, per una questione di indipendenza reciproca. E’ giusto che gli ospiti si vivano la loro vacanza in totale libertà, noi offriamo un servizio e la nostra disponibilità, il b&b è condivisione, ma non vivere insieme. Sarebbe impossibile anche per noi.
Ma nel caso di queste due ragazze abbiamo fatto uno strappo alla regola!
Quanti ricordi, canzoni cantate insieme, un pane con la milza ad Isola delle femmine, una cena francese preparata con insistenza da loro.
Mentre le due nuove ospiti ci facevano quel nome sono scattate immagini, sorrisi, musica, ricordi, abbiamo ritrovato la bottiglia di Corvo Oniris che abbiamo bevuto insieme (che ancora conserviamo, inguaribili romantici!), le foto scattate ad Isola, il messaggio sul nostro primo guest book. Canticchiavamo a voce bassa le canzoni di Mina, Dalida, “Que reste t il de nos amours”, è stata davvero una bella sorpresa.

Palermo 5/08/2004
It’s such a pleasure to know you! I took a lot of pleasure talking with you, exchanging ideas about “nuestro sueno”. Thank you for the beautiful table at breakfast, for not waking us up in the morning because we were late for breakfast!
You made Sicily even more beautiful and A-M-A-Z-I-N-G...
“Mireille Mathieu, Catherine Deneuve, Les jeux sont faits, rien ne va plus, que reste –t- il de nos amours, parole parole parole,...” my memories of Sicily, Agave b&b, Massimo and Evelin, will be full of French and Italian songs, Spanish songs (Me gusta... me gustas tu...)
Mi piacce il panino con milsa nella spiaggia di Isola delle Femine, mi piacce il panino con panelle, mi piacce Monreale, mi piace te voi.
Mi piacce Mina, Dalida, Julio Iglesias, Mi piace Massimo quando canta in Italiano con Evelin, Mi piacete voi.
Mi piace Sicilia, la calore, il sole, Palermo, i palermitani, la caponata, la birra, ilCorvo, mi piacete voi.
You are amazing people who do not fear to love and to give to others and that is why you are so special to me. I fell that I have travelled a lot through our conversation. I am glad to know you.
Let’s keep in touch and please come to England to see me: to Stephanie’s home!
Muchos besos

Stephanie


If I write a short story, I will sendt it to you!
Very dear Massimo and Evelin.
Sicily couldn’t have been the same if we had no met you.
Everything you gave us was done with sincerity and simplicity and it was a real pleasure to spend those mornings and evenings with you two (even if I sleep like a cat and that most of the time it was Stephanie who stayed up late and telled and telled...).
I don’t speak a lot but I loved listening to your stories, you are real and passionate people, you’ve got dreams, you live your life intensely and you share all that with your guests and that make our holidays so special and unforgettable.
I will definitely keep in touch with you and send you news from this cold country I live and you’ve got to come to.
Thank you for your generosity, your kindness, your amazing hospitality, your crazyness.
Erika XXXXXX


Ecco, forse un po’ presuntuoso pubblicare due fra i nostri più positivi messaggi... Ma loro come altri ospiti che abbiamo nel cuore meritavano un post!
Comunque non credevo che nel ricopiarli mi sarei emozionata tanto!
Ci rivedremo un giorno!

p.s. spero presto di poter scrivere anche di altri fantastici ospiti.

domenica 2 agosto 2009

Ustica, diario di due isolani in un’isola



Come raccontare di Ustica? Per quella che è o per come l’abbiamo vissuta noi?

Un bel dilemma per descrivere un’isola misteriosa, affascinante, selvaggia, aspra, approdo di Ulisse durante la sua peregrinazione verso la sua la cara Itaca, dove ad aspettarlo c’era Penelope. Ma la leggenda vuole che un’altra donna lo avesse trattenuto per anni in una bella isola, quella donna era la maga Circe e quel luogo, si pensa fosse proprio Ustica...


Anche noi siamo approdati ad Ustica, peregrinando poco direi, è bastata un’ora di aliscafo da Palermo, ma per me che pur amando il mare, lo soffro non poco, è stata comunque una bella avventura!


Il dilemma è sciolto, io parlerò della “nostra Ustica” e le foto parleranno per Ustica.


Solo qualche piccolo cenno storico oltre la leggenda omerica.
Ustica è un’isola vulcanica emersa dal mare un milione circa di anni fa. Il suo nome trae origine dal termine Ustum, ossia bruciata, ma i greci la chiamavano Osteodes “isola delle ossa” perchè vi trovarono i resti di alcuni deportati Cartaginesi che lì erano morti di stenti. Insomma era un’isola un po’ “ostica” per i primi che vi giunsero! Altre cose che successivamente racconterò ce le ha dette un gentile signore che ad Ustica ha un negozio di alimentari.

Partiamo dalle nostre agognate vacanze.
A Settembre in Sicilia c’è sempre il sole, ma quando io e Massimo (per ben due volte) riuscimmo a partire per Ustica, il mare era mosso e la pioggia incessante... bene, considerando che ho il mal di mare anche quando questo è piatto, la mia traghettata diciamo che non fu delle migliori...ma sopportabile, anche perchè quando si comincia a vedere all’orizzonte quest’ isola bellissima, il cuore inizia a battere forte per l’emozione.


Devo dire che per non perderci d’animo, visto il cattivo tempo e perchè, pur amando il mare, non volevamo fare una vacanza solo marittima, decidemmo di vivere Ustica a modo nostro!
Già aiutati da una bellissima casetta in campagna (al pieno centro dell’isola) creata ristrutturando gli antichi dammusi, rilassante, solitaria, fresca, decidemmo di vivere l’aspetto più “terreno” e “paesano” del luogo.


Abbiamo scoperto così che oltre al mare mozzafiato,


alle grotte bellissime,


ai giri in barca, alla fauna marittima,


ai corsi di sub,

a Ustica c’è molto altro da fare.
In primo luogo si può passeggiare nella bellissima campagna costeggiando il mare,

incontrando animali simpatici


e osservando la vita rurale e contadina degli abitanti.

Si può girare tutta l’isola a piedi, sono solo 9 chilometri di circonferenza, ma ci sono anche dei piccoli autobus che fanno il giro continuamente.


Quando noi siamo andati ad Ustica eravamo solo 4 turisti, ma non per modo di dire, gli altri due li abbiamo incontrati spesso sull’autobus. Dopo il primo giorno di perlustrazione, l’autista ci domandò a che ora volessimo rientrare la sera (per non fare la strada al buio pesto). Ci demmo quindi appuntamento con l’autista e con gli altri due turisti ad un’ora prestabilita, nella piazza del piccolo centro abitato. Non mi è mai capitata una cosa simile era molto surreale.


Alcune volte decidemmo però di avventurarci in passeggiate nell’oscurità, dotati di torcia e di spirito d’avventura, devo dire molto suggestivo.


Incuranti del cattivo tempo abbiamo visitato i faraglioni,

la Grotta Perciata, visto lo scoglio del Medico, il faro di Capo Omo Morto (sto riflettendo sul fatto che i nomi ad Ustica non sono poi così di buon auspicio)

e quello di Punta Gavazzi.


Abbiamo visto delle onde bellissime infrangersi sugli scogli

e lunghi tramonti.


Abbiamo fatto il bagno sotto la pioggia nella bellissima Cala Sidoti,

dove i pesci sono così tanti che ti mordicchiano i piedi, hanno colori meravigliosi, e forme incredibili,


e abbiamo avuto anche un’inaspettata visita da parte di un bellissimo gregge di capre.

Di grande fascino è stato poter percorrere a piedi i sentieri brulli per arrivare a vedere il villaggio preistorico nella località dei faraglioni. E’ molto suggestivo, risale all’età del bronzo, vi sono ancora le basi delle capanne e tutto l’assetto urbanistico del tempo. C’erano ancora gli scavi in corso, il vento che faceva volare i nostri capelli e il senso della storia e della vita che si impossessava di noi, da soli tra quei resti di un’antica civiltà.


Una lunga passeggiata ci ha portati anche alla Punta dello Spalmatore, dove c’è una bella torre che contiene il Centro Didattico della Riserva.


Un’ altra bellissima passeggiata attraverso stradine ciottolose, ci ha portati nella Torre Santa Maria (poco lontana dal centro abitato), dove vi è il Museo archeologico.


Ma veniamo alla parte più interessante della nostra vacanza. Gli incontri. Oltre alla coppia di turisti, abbiamo avuto degli incontri interessanti con diversi “indigeni” che vivono nel piccolo centro abitato che si snoda intorno alla Cala Santa Maria, dove c’è il bel porticciolo.


Il primo approccio è stato con gli affittuari della casa, gentilissimi. Ci raggiunsero al porto con una macchina “scassata” ma confortevole per noi così stanchi e nauseati dalla traversata. Mi sentivo in un film mentre percorrevamo le stradine di campagna.



Avevamo scelto quella sistemazione perchè pur essendo un po’ distanti dal mare, potevamo godere di grande serenità e di un bel panorama. Ci parlarono della riserva naturale, la cui gestione è stata adesso affidata alla guardia costiera che si occupa solo del controllo, e non più del l’aspetto culturale ed educativo.


Ci dissero che l’abolizione di alcune leggi che prima vietavano l’accesso in auto per i non residenti, li aveva penalizzati, l’auto ad Ustica? Non serve, si gira a piedi tranquillamente. E infine ci allietarono con un’ottima torta di mele.

Un altro piacevole incontro quello con il gestore del negozio di alimentari.
Fu per caso che vi arrivammo, forse attratti dalla bellissima frutta esposta,

o da una signora anziana che ci offrì dell’uva verde. Per noi si poneva un problemino, come trasportare la spesa e l’acqua? Il primo giorno usufruimmo dell’autobus, ma quando il negoziante capì, si offrì di portarci l’acqua a casa quando si ritirava a orario di chiusura. Così nacque una simpatia. Ci trovammo a fare tante chiacchierate, ci racconto dell’origine della popolazione usticense. Nel 1762 Ferdinando IV, re delle due Sicilie, volle fortificare l’isola e vi fece insediare famiglie di trapanesi e liparoti (spesso ex-galeotti), ecco spiegato perchè ad Ustica l’accento è così diverso da quello palermitano. Ci raccontò della sua vita da studente-pendolare tra Palermo e Ustica. Ci parlò dei problemi di amministrazione politica e di come in così pochi riuscissero comunque a litigare, deludendo un po’ il nostro sogno di aver trovato una nuova Atlantide o Utòpia!

Ma l’incontro più significativo fu il più casuale. Il primo giorno vedemmo un anziano signore osservare una strana esibizione. Degli usticensi emigrati in America, su un palco allestito in piazza, abbigliati con tube a stelle e strisce, ballavano e gettavano caramelle al loro pubblico, uno spettacolo caratteristico ma un po’ sconcertante anche se carico di significati...
Quell’uomo era infastidito e i nostri sguardi provarono una sottile sintonia.

Il giorno successivo eravamo andati a visitare l’esterno di quella che era stata la casa di Gramsci, quando fu confinato ad Ustica dal regime fascista nel 1926. Vi doveva rimanere per 5 anni, ma vi restò solo per 34 giorni. Gramsci vi giunse il 7 dicembre, insieme ad altri 13 amici tra cui Bordiga, con cui fondò una scuola che rappresentò una grande risorsa culturale per gli abitanti del luogo.
Osservavamo la targa affissa sulla casa e ci dicevamo quante storie importanti e da scoprire avesse visto questa piccola isola. Lo stesso uomo anziano si avvicinò a noi e dopo una piacevole chiacchierata di politica e storia, di racconti e ideali, ci regalò un libro che custodiamo con amore, le lettere di “Gramsci al confino di Ustica”.


Ultimo episodio degno di nota, la festa di San Bartolicchio a cui abbiamo avuto il piacere di partecipare. Proprio dove alloggiavamo, in contrada Oliastrello, si trova una cappella con la piccola statua di San Bartolo, patrono dell’isola. Il 19 settembre si festeggia, prima con la processione e in serata con una bellissima festa dall’incredibile semplicità.
Un palchetto dove un complessino locale di uomini di mezza età cantavano e suonavano, la gente del paese che ballava la mazurca, birra e vino offerti gratuitamente, come anche panini con pesce fritto, salsiccia arrostita e tanto altro. Un indimenticabile odore di arrosto, tanto divertimento, un atmosfera di grande cordialità e convivialità. Noi poi abbiamo avuto la fortuna di incontrare un amico bengalese che si trovava lì per lavoro, che ci ha riempiti di abbracci, cibo e bevande, così un po’ brilli e molto sazi, ci siamo sentiti i più felici del mondo.

Ad Ustica abbiamo assaporato un tipo di vacanza alternativa, conoscendo l’aspetto più rurale (si coltivano delle particolari lenticchie e capperi, pomodorini),
quello paesaggistico,

ed assicuro che il mare in tempesta che si infrange sui faraglioni e sulle rocce è molto emozionante.

Abbiamo mangiato pizze allo “Schiticchio” e pesce fresco a “La luna sul porto”. Abbiamo mangiato gustosi panini e bevuto birra al Carpe Diem.
Non abbiamo fatto il giro in barca, ma abbiamo ricevuto tanto, ed anche se non è Atlantide, Ustica rimarrà la nostra isola dei sogni. Un paradiso in terra di serenità, dalle rocce aspre e la campagna arida e sottomessa al vento, ma dalla dolce atmosfera, dalla natura imponente e dalla gente generosa.
Non posso che condividere queste parole: “...la mia impressione di Ustica è ottima sotto ogni punto di vista...la popolazione è cortesissima....paesaggi amenissimi e visioni di marine, di albe e di tramonti meravigliosi” A. Gramsci.

Ustica aspettaci, ritorneremo e non sarà certo la pioggia a fermarci!
Le foto sono state scattate durante la vacanza di mia sorella quando c'era il bel tempo, le nostre non sono in digitale, ringrazio quindi Karin e Luigi per avermi fornito queste fantastiche immagini.
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